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Guglielmo Vuolo e la pizza di mare

Chi è nato e cresciuto al Sud conserva forse ancora il ricordo delle “freselle” (ciambelle di pane biscottato) bagnate con l'acqua di mare e poi condite con pomodoro, olio e basilico, alla base delle merende estive di una volta.

Oggi questioni di sicurezza alimentare sconsigliano la pratica, ma c'è chi ha pensato di usare l'acqua di mare – opportunamente depurata – per impastare la pizza napoletana:

Guglielmo Vuolo, bravissimo pizzaiolo partenopeo di lungo corso che oggi sforna le sue pizze prevalentemente da Eccellenze Campane (mentre la pizzeria di famiglia a Casalnuovo è affidata alle mani già esperte dei figli Enrico e Valerio).

Qualche tempo fa, Vuolo – in Puglia per collaborare con il chirurgo vascolare Vincenzo Di Donna, presidente dell'Università Popolare di Scienze degli Stili di Vita – ha conosciuto la Steralmar, azienda specializzata nella produzione di acqua di mare depurata per il consumo umano.

Da lì è nata l'idea di provare a usarla per l'impasto della pizza, che – dopo 5 mesi di sperimentazioni – viene presentata ufficialmente l'8 giugno da Eccellenze Campane con un convegno dedicato all'Acqua d’a-mare, dopo l'”anteprima” alla manifestazione Cooking for Art.

Ma cosa determina l'uso dell'acqua marina?

«Il risultato finale è del tutto simile alle mie pizze “classiche” – spiega Vuolo – anzi, l'impasto è leggermente più leggero e più saporito, nonostante non aggiunga altro sale: l'acqua di mare è ricca di sali minerali ma contiene solo il 36% di cloruro di sodio, il che è un vantaggio, per esempio, per chi soffre di ipertensione».

E tecnicamente, cosa cambia?

«Non essendoci il sale che rende la maglia glutinica più forte, non si può andare oltre le 12-14 ore di maturazione; io uso lievito di birra o criscito (l'impasto “di riporto” di tradizione napoletana ndr) e sono comunque sufficienti a rendere l'impasto perfettamente digeribile. Anche la cottura – altro elemento chiave di una buona pizza - richiede un po' più di attenzione, perché l'acqua di mare tende a far “colorare” prima il cornicione».

E i costi?

«Non penso di aumentare il prezzo delle pizze e comunque alternerò i due tipi di impasto; l'acqua Steralmar non ha un costo proibitivo e vuol dire che risparmierò sul sale: di solito uso quello di Nubia».

Va detto che quello di Vuolo non è il primo esperimento sulla pizza con acqua di mare: già due anni fa Massimo Giovannini dell'Apogeo di Pietrasanta aveva presentato alle Strade della Mozzarella una pizza a base di farina Petra 3e integrale impastate con acqua marina Steralmar, mentre Giovanni Mandara la propone alla Piccola Piedigrotta di Reggio Emilia, ma usando la spagnola Agua de Mar.

Restano però il primato nell'ambito della pizza napoletana, e soprattutto la bontà della pizza di Vuolo.

Luciana Squadrilli
fonte: 
http://newsletter.identitagolose.it/email.php?id=517

Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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