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Sapore di Ionio. La perfezione si riconosce nella Margherita


Si può andare sempre oltre, anche nella pizzeria. Ma è partendo dalle basi, dai capisaldi del lavoro, che si ritrova la strada giusta

«Oggi si cerca sempre di andare avanti, di innovare sempre di più. Prima o poi, secondo me, si farà anche qualche passo indietro». Parte con il botto Daniele Vennari. Ha ventisei anni, gli esami all’università parcheggiati in un cassetto, perché «non si sa mai» e un lavoro che ormai fa parte della sua vita a tempo pieno. Daniele è da qualche anno il pizzaiolo di Fuoco Matto, pizzeria a pochi passi dal fulcro turistico della stazione centrale di Firenze, che è riuscita a catturare l’attenzione su di sì, proprio per quel suo non essere turistica per niente. O meglio, per non voler basare la propria identità su un prodotto commerciale fine a sé stesso, che poi è l’errore che commettono in tanti, spinti dai facili guadagni.

Daniele è giovane, molto giovane, ma ha le idee ben chiare su quello che sarà il futuro della pizza e anche il suo. Lo si capisce dalla strada che ha preso, dalle sue preparazioni, da quelle pizze che, a un occhio disattento, potrebbero anche sembrare semplici ripetizioni della tradizione e che, invece, rappresentano una visione personalissima del settore: «Riscoprire i vecchi sapori e i prodotti, che magari ora sono quasi diventati di nicchia, sarà il prossimo passo. L’innovazione è molto importante, ma se non si sta attenti ai capisaldi del nostro lavoro, e della pizza in generale, si rischia di perdere l’obiettivo principale, quindi di non accontentare il cliente al cento per cento. È anche per questo che noi cerchiamo di non spingerci troppo oltre. Andare avanti sì, ma dare un occhio sempre a quello che è stato prima di noi».

In carta, tra le pizze storiche, infatti, c’è lei, la tonno e cipolle, quasi un omaggio agli anni che furono, una pizza classica, che però ha dentro tutto l’animo da pizzaiolo di Daniele.

«La potremmo chiamare la tonno e cipolla 2.0. Rappresenta l’idea del nostro locale, perché comunque è una pizza classica, per quanto riguardai prodotti che vengono utilizzati, ma poi vengono tutti lavorati in maniera differente: abbiamo una base di pomodorino del Piennolo una mozzarella fior di latte in uscita, un tonno del mar Cantabrico e le cipolle di Tropea marinate in agrodolce. Ritroviamo sempre la Calabria , anche in questa pizza».

La Calabria, la terra di origine di Daniele e di suo zio Carlo Nigro, originari entrambi della bizantina Rossano, tra la Sila e l’incontaminato Mare Ionio, è protagonista nelle pizze, così come nella carta dei vini. La Calabria si respira, si annusa, si morde. La pizza di Daniele ha, infatti, uno stile napoletano, con il cornicione alto e gonfio, che racchiude poi pezzi di un territorio che prende la vita con forza ed energia. La ’Nduja di Suino nero di Calabria, fiori di zucca, caciocavallo, filetti di San Marzano nella Positano rivisitata; la Pitta alla Silana, con salsiccia rossa calabrese, caciocavallo Silano, misticanza, crema di funghi, patate cotte alla brace e parmigiano. Gli ingredienti raccontano l’evoluzione stessa della pizza, così come ce l’ha descritta Daniele.

La sua storia è quella di tanti altri, di un ragazzo che, durante gli anni dell’università, decide, stando lontano da casa (è nato e vissuto nella provincia romana), di pagarsi gli extra lavorando. Lo fa, appunto, nella pizzeria dello zio, grazie a quella rete familiare e sociale che solo la gente del sud sa costruire. Da lì in avanti, da quel forno non è più uscito. Ha messo da parte gli studi in enologia per dedicarsi a quelli sull’arte bianca. Le professioni nella ristorazione nascono spesso così, per caso e per necessità. Poi ci si impegna, ci si appassiona, si approfondisce ciò che si ignora e nascono le belle storie. Daniele si trova esattamente a questo punto, tra le morse di una passione e intrappolato nell’amore per un lavoro che ha bisogno costantemente di essere preso tra le mani, smontato e rimontato.

Si gioca con gli impasti, qui al Fuoco Matto. Farine integrali, ma non solo. Ci sono anche le farine di riso e di orzo, proprio per mettere l’impasto al centro sempre e comunque: «Quando assaggio una pizza in un nuovo ristorante, ordino sempre la Margherita: è lì che riesco a capire se si tratta o meno di una buona pizza». È sempre lei a decidere tutto, a dare la direzione, la Margherita, che poi anche chiamare semplicità, in altre parole. Tutto il resto viene dopo. Daniele incanala la sua creatività così. «Inizio sempre la costruzione di una pizza partendo dalla base (rossa, bianca, focaccia). Poi da un elemento principale costruisco i miei abbinamenti, tenendo conto sempre dei contrasti di sapore e consistenze differenti». Una pizza che deve coinvolgere tutti i sensi, questa è l’idea di Vennari: dal palato alla vista, dal gusto all’olfatto. C’è tanta concretezza intorno allo sviluppo della creatività, una creatività tangibile, ecco la definizione più giusta.

Daniele Vennari ne ha voluto dare dimostrazione anche durante lo scorso Pizza Up, il simposio organizzato da Petra Molino Quaglia: «Abbiamo una mozzarella fior di latte su una base di un padellino al vapore, che condiamo con lo stracchino, datterino rosso in acqua di mare, una crema di San Marzano affumicato e una di aglio nero, con germogli di basilico».


Giulia Salis
fonte: https://www.linkiesta.it/2024/07/daniele-vennnari-fuoco-matto/

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