Petra è la farina, macinata a pietra e cilindri, nel molino della famiglia Quaglia in un piccolo borgo sullo sfondo dei colli euganei prodotta soltanto da grano tenero...
Ma Petra, allo stesso tempo, è anche un progetto culturale alimentato da un collettivo appassionato che lavora per aiutare i clienti a migliorare la tecnica degli impasti e dell’accoglienza stimolandoli ad esprimere il loro potenziale. Dal 1998 il timone dell’azienda è nelle mani della quarta generazione, Lucio, Chiara e Andrea Quaglia. La start up di Molino Quaglia e della tradizione molitoria di famiglia è del 1862, ma la pronipote dell’attuale impresa viene datata al 1914.
Con Piero Gabrieli, direttore marketing Petra Molino Quaglia, è interessante conoscere i progetti dell’azienda.
Avete avviato un progetto sulla farina evolutiva in Puglia. Di cosa si tratta?
«In realtà è nato in Sicilia sette anni fa dopo aver conosciuto un agricoltore che si occupava di coltivazione biologica evolutiva. In seguito l’abbiamo adottata anche in Puglia con il progetto Adotta un raccolto».
Cos’è la coltivazione evolutiva?
«È un miscuglio di semi di grano tenero con migliaia di varietà provenienti da molte nazioni attorno al Mediterraneo e seminati tutti insieme a casaccio nello stesso terreno. In questo modo si crea una selezione naturale durante la crescita. I semi più deboli muoiono e i più forti resistono. Il messaggio che arriva dall’interno del progetto è che se i semi vengono piantati in parti diverse d’Italia nasce un grano autoctono proprio perché sopravvivono i semi che vivono in modo autonomo».
In quante regioni state sviluppando questo progetto?
«Oggi è presente in otto regioni tra le quali anche la Puglia».
Dove?
«A Cutrofiano, in provincia di Lecce. L’abbiamo avviato due anni fa e ora questo tipo di coltivazione si estende su sette ettari coinvolgendo una filiera che comprende agricoltore, molino, artigiano e consumatore finale. Per noi è importante l’Ego Festival perché ci fornisce l’occasione di divulgare il progetto di filiera».
Come funziona questo progetto?
«Basta trovare un pasticciere, un pizzaiolo o un panificio del luogo che voglia la farina evolutiva. Può indicare un agricoltore di sua fiducia che pianta questo seme e gli artigiani si impegnano ad acquistare la farina. Noi maciniamo il lotto di grano che proviene da quel terreno e l’artigiano lo utilizza nella sua attività. C’è una farina per ogni settore».
Perché l’avete chiamato «Adotta un raccolto»?
«L’artigiano deve conoscere l’origine e la storia della farina che adopera. Noi, in un piccolo molino a parte, maciniamo piccoli lotti di grano proveniente solo da quella coltivazione e che riceviamo in sacchi che portano già il nome di chi l’acquista. Si evita così di macinare magari grano che si è mescolato nei silos con altri raccolti».
Cesare Bechis
fonte: https://www.pressreader.com/italy/corriere-del-mezzogiorno-puglia/20250320/281745570174088
Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)