Metteteli insieme e nascerà una serata unica e sorprendente. Fatta di contaminazione e di integrazione. Di scambio e di dialogo. Di idee, pensieri e parole - anzi dialetti - che si incrociano, dando forma a quell’unione corale che Goffredo Mameli cantò (su musica di Michele Novaro) in Fratelli d’Italia.
“Prima abbiamo creato un gruppo virtuale su WhatsApp, poi ci siamo detti: perché non facciamo sul serio, e organizziamo un evento reale?”, spiega Gabriele Bonci. Che con Massimiliano Prete e Friedrich Schmuck ha dato vita a una cena capace di far viaggiare i commensali lungo lo Stivale. Trasformando gli assaggi in paesaggi culinari.
Il tutto rimanendo al Sestogusto di Torino, il raffinato salotto - tutto mattoni a vista e toni tortora - che porta la griffe di Prete. Patron di altre due insegne a Saluzzo (grazie anche all'aiuto della consorte Erica Tola): Gusto Divino e Teatro del Gusto. Solo che qui, all’ombra della Mole, si è voluto far luce sul quel sapore amidaceo tanto a noi caro.
Quello collegato ai carboidrati, per capirci. Quello del pane, della pasta e della pizza. Un sesto gusto la cui esistenza è certificata da uno studio dell’Università Statale dell’Oregon. E saggiamente Prete ha voluto intitolare così il suo locale pizza oriented.
Un percorso, quello targato dai Fratelli d’Italia Prete-Bonci-Schmuck (andando in ordine di geolocalizzazione), partito dal pane. Preparato con Petra Evolutiva, la farina vessillo della diversità nell’unità: figlia di un miscuglio di grani coltivati biologicamente in Sicilia e nata dal fertile incontro fra i mugnai Quaglia di Vighizzolo d’Este e Simenza, la cumpagnìa siciliana sementi contadine capitanata da un agricoltore-custode quale Giuseppe Li Rosi.
Anche in questo caso Veneto e Trinacria legati a doppio nodo per dar forma a un prodotto d’eccezione. Profumato e poliedrico, fiero di divenire pizza, ma pure pane. Un pan gallego per l’esattezza. Sì quello tondo col “tuppo”, morbido all’interno e dalla crosta ben pronunciata, messo a punto da Gabriele Bonci. Che a Roma guida Pizzarium (in via della Meloria), uno spazio al Mercato Centrale della Stazione Termini e un panificio che porta il suo cognome (in via Trionfale).
Un pane di carattere, servito tiepido e accompagnato da vaporoso burro di Normandia al sale ed emulsione al limone; salame di mora romagnola; prosciutto crudo Sant’Ilario (del generoso territorio parmense) e jamón iberico. Pane e salame, insomma. Ma con uno sguardo decisamente glocal.
E poi? Tappa “In riva al mare”. Ma un mare d’autunno, fatto di nuance ittiche e terragne. Insieme al padrone di casa Massimiliano Prete. Che ha proposto una pizza dal mood croccante, complici Petra 1 e Ottimais, le farine griffate Molino Quaglia (Prete, così come Schmuck, è uno dei Petra Selected Partners).
Una "beach", preziosa pure dei semi di girasole, completata da un'ondata di crema di sedano rapa, burrata di Gioia del Colle e carpaccio di tonno di Favignana pescato all’amo. “Sono un salentino a Torino, ma stasera vi ho voluto condurre in Sicilia”, racconta Massimiliano: originario di Galatone, in provincia di Lecce; piemontese d’adozione e fiero di rendere onore alla bella delle Egadi.
Ma dopo il mare, è toccato al bosco. Condensato in una pizza in teglia by Bonci. “Io che sono un romano de Roma ho portato una pizza senza pecorino”, dice. Provocando un po’ e presentando la “Funghi, funghi, funghi” con corredo di crema di anacardi bio fermentati, firmati Dall’Albero, maison capitolina specializzata in prodotti vegetali ad alto tenore proteico. Per una pizza dall’anima green e dal tono umami, il cui impasto contemplava farina di farro.
Ed è a questo punto che Schmuck ha esclamato: “Chiudi gli occhi, sei in Alto Adige”. Servendo una pizza-omaggio alle vacanze trascorse a zonzo col padre fra i mercatini di Natale.
“Una volta, in un albergo, chiesi allo chef di poter entrare in cucina per imparare a fare il pane alla maniera altoatesina. E ora ho voluto tradurre quel ricordo in una pizza”, precisa Friedrich: che è nato nella Capitale, da papà di Bressanone e da mamma di Messina, e che tiene le redini del Piano B di Siracusa, alle porte dell’Isola di Ortigia.
Uno che ha già l’Italia nel sangue e che ha voluto scalare le Dolomiti a suon di impasto: ottenuto grazie all’idrolisi di Petra 9 (la “tuttograno” di Molino Quaglia) e segale, con aggiunta di cumino, semi di finocchietto, coriandolo e trigonella. Per un effetto schuttelbrot, ma in versione soffice.
E sopra? Formaggio d’alpeggio infornato, speck di un maso di fiducia, gel di Gewürztraminer, erba cipollina e graukäse. Il formaggio grigio - caglio free - tipico della Valle Aurina e tutelato come Presidio Slow Food. Per una vera passeggiata in montagna.
Infine, il dessert. Quello che “Voleva essere un cannolo”: cremoso al pistacchio, crema all’arancia e salsa di ricotta. Un cannolo che si percepiva appena, suggerito da una cialda sottile, soave e leggera. Come una farfalla. E come la mano di Loretta Fanella, la grande pasticcera che ha contribuito all’ideazione del dolce.
In abbinamento? Scorrendo la carta, l’attenzione è stata catturata dalle birre targate Pausa Café, che nella casa di reclusione Rodolfo Morandi di Saluzzo, ha messo in piedi un birrificio artigianale. Per dare un lavoro - e un senso - ai detenuti, regalando boccali densi di fragranza.
Fra le etichette? La fresca “Ermes”, ispirata alle blanche belghe e caratterizzata da sentori agrumati e speziati; e la “T.I.P.A.”, elegante, calda e avvolgente, vocata alle indian pale ale britanniche. Per ricordare i lunghi viaggi in nave del periodo coloniale.
Cristina Viggè
fonte: http://www.fuorimagazine.it/blog/shooting/?permalink=prete-bonci-e-schmuck-fratelli-ditalia
Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)
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