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RASSEGNA STAMPA WEB
come e dove Petra arriva in tavola
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Sui navigli si parla fuddish


Lui è 100% meid in Sisili. Che non è né english né dialetto siciliano. Ma semplicemente fuddish. Idioma british-isolano coniato qualche anno fa (nel 2012) con l’apertura della prima insegna della lunga saga: a Catania.
 

Sì, perché nel frattempo Fud si è moltiplicato e ora è arrivato a Milano. In via Casale 8, a due passi (ma dico due) dal Naviglio Grande e dal ponticello che collega le due alzaie. Ed è approdato con tutto il suo carico di food impregnato di sud.

Quello della Sicilia più vera, verace, mediterranea, assolata e audace. Quella dei suoi autori e dei suoi cantori: i produttori, bardi di una terra generosa, capace di far rete, comunicando qualità, artigianalità e voglia di creare: un cibo popolare dallo spirito eccezionale.

Certo. Perché Fud è pop, ma a un livello top. Fud è semplice, ma non banale e casuale. Fud è una Bottega Sicula nata da una visione illuminata: quella di Andrea Graziano, che appena maggiorenne lascia la sua Catania per migrare all’estero. E poi tornare. Per rivoluzionare l’offerta gastronomica cittadina. Prima con il Sale Art Cafè, locale nato all’interno della galleria d’arte dei genitori. E dieci anni dopo con Fud. Sempre nella stessa via Santa Filomena. Dove, nel 2016, compare anche Fud Off, la combo perfetta fra cocktail e tapas rigorosamente sicule, preparate dalla chef Valentina Chiaramonte, originaria di Palermo. La city di Santa Rosalia che intanto vede tirar su la serranda di un altro Fud, insieme ai soci Claudio Bica e Gianluca Cigna (titolari anche della pizzeria Tredicisette, un Petra Selected Partner).

Intrepido Andrea. Che lo scorso giugno dà forma a Fud Bocs, declinazione a tutto fish in piazza Capitaneria di Porto, al Nautoscopio di Palermo. E che ora lancia il format pure a Milano. Complici due soci compatrioti: i fratelli Vittorio e Saverio Borgia. Che nel capoluogo lombardo si sono già fatti largo con la pasticceria Baunilla e il bistrot Bioesserì. Presente pure non lontano dal Politeama e dal Teatro Massimo.

Insomma, sia Graziano che i Borgia guardano la Madonnina ma conservano un saldo legame con la loro isola. Stanno sui Navigli ma non dimenticano il mare siciliano. Tenendo integro il cordone ombelicale con tutti quegli artigiani che alimentano la loro proposta ristorativa.

Perché Fud è un luogo dove mangiare ma pure acquistare. Un posto nudo, crudo, ruvido eppure rassicurante e avvolgente, dove nutrirsi anche di nozioni e di emozioni. Sentendosi parte del tutto. Perché il tutto è un fluido continuum tra ferro, legno e mattoni a vista. Fra zone di preparazione, consumo ed esposizione. Fra tavoli singoli e tavoli social. Fra giganti lavagne descrittive e scaffalature appese al soffitto.

Dove si mettono in mostra - senza vanto alcuno - gli innumerevoli prodotti. Costringendo ad alzare lo sguardo sull’alta qualità. Giusto così. Merito della cifra stilistica dell’architetto André Thomas Balla e dello studio di architettura Balla-Calvagna.

Milano, dove tutto parla siciliano. O meglio, fuddish.

“Anche se più avanti cercheremo di introdurre qualche tipicità di prossimità”, spiega Vittorio Borgia, facendo riferimento - perché no? - a cotolette & co. Per ora qui si sente il solo sound del sud.

Voilà le panelle, le cips ma pure le “Bec Potetos cis”, spicchi di patate a pasta gialla (con la buccia) fritte in olio di semi di girasole e servite con provola delle Madonie, guanciale croccante di suino nero dei Nebrodi e barbechiù sous fatta in casa. Che spicca pure nello “Shek Burgher”, a base di carne di asino, pomodoro, insalata mista, mozzarella di bufala affumicata, funghi saltati in padella, cipolla di Giarratana in agrodolce, maionese e pepe. In pane casareccio con semi. Messo a punto con le farine Petra (la Special e Bread Petraviva di Molino Quaglia) e cotto nel forno a legna di Bioesserì Brera. Per una filiera cortissima.  

Pane casareccio che concorre pure alla bontà del “Parmigiana Burgher”, con mozzarella di bufala ragusana; dello speciale “Ors Burgher”, con carne di cavallo, canestrato al pepe e verdure selvatiche saltate con aglio rosso di Nubia; e del “Baffalo Burgher”, in cui protagonista è la carne di bufalo ragusano, con corredo di peperoni arrosto, maionese, cipolla rossa in agrodolce e salsa barbechiù.

È invece un pane soffice a far da alveo al “Bec Burgher”, con carne di manzo siciliano e guanciale croccante di suino nero dei Nebrodi; al “Porc Burgher”, con carne di suino nero; al “Cis Burgher”, con provola delle Madonie; e al saporito “Eg Burgher”, con uovo fondente bio.  

Ma poi non mancano le degustazioni di salumi e di formaggi siciliani: vedi il “Mics Sicilian”. Non mancano alcune preparazioni al piatto, come il “Big Cicchen”, con carne di pollo modicano di fattoria. E non mancano neppure le insalate. Ad esempio la “Littel Itali”: insalata d’arance, finocchio, cipolla rossa cruda, olive nere siciliane, miele di timo, aceto, olio extravergine, semi di finocchio, scorza d'arancia, sale e pepe nero.

E per chi ama panini, kebab e hot dog? Eccoli, trasformati in stile Fud: “Suitt Drims”, con mortadella d’asino, gorgonzola dolce e composta di peperoni, sedano, miele e peperoncino; “Oddog”, würstel di suino nero ibleo, cipolla rossa in agrodolce e senape; e “Ors Che Bab”, con carne di cavallo marinata e speziata, servita in pitta di grano.

Tante le proposte. Come tante sono le persone che rendono speciale l’insegna: la cosiddetta Fud pipol.

Una vera e propria community, fedele e orgogliosa di sentirsi parte di un progetto in continua espansione. Il che significa i ragazzi dello staff anzitutto, paladini dei valori di Fud.

Coloro che incarnano il contatto diretto con ospiti e clienti e per questo tenuti in costante aggiornamento, grazie a corsi di lingua, di gestione aziendale, di comunicazione e di social media management.

Perché solo una brigata preparata può affrontare la dinamica contemporaneità. Ma anconvenscional pipol significa pure il vasto network dei produttori. Una sessantina in toto. Che assicurano materia prima di eccellenza, talvolta addirittura in un rapporto di reciproca esclusività.

Della serie, Fud è anche la voce e la vetrina di chi, in quel di Chiaramonte Gulfi, produce salame e mortadella d’asino. Come Massimo Castro de Il Chiaramontano. Mentre Luisa e Sebastiano Agostino, a Mirto (nel Messinese), fanno uno straordinario prosciutto di maialino nero dei Nebrodi; Giuseppe Oriti de Il Vecchio Carro di Caronia (sempre in provincia di Messina) si distingue per la sua porchetta di suino nero; e Giovanni Tuminello del ragusano Bubalus mette a punto mozzarella, stracciatella e ricotta di bufala degli Iblei.

E Sandra Invidiata e Agron Gryka? Nella palermitana Collesano producono sublimi provole delle Madonie, anche con cuore di manna, arancia e limone. Mentre la famiglia Dipasquale si concentra sul formaggio ragusano e Giacomo Gatì, nell’agrigentina Campobello di Licata, accende i riflettori sullo chevre di capra girgentana, quella dal lungo pelo e dalle corna barocche. Lui che fa pure parte di Simenza - cumpagnìa siciliana sementi contadine, associazione che riunisce, difende e valorizza l’agrobiodiversità isolana.

Simenza di cui è socio persino Tommaso Cannata - patron della messinese Boutique del Pane e prossimo al suo debutto milanese - che per l’inaugurazione del Fud meneghino ha portato i suoi crostini di pane con Petra Evolutiva. Perfetti in abbinata ai filetti di sgombro sottolio di Pierpaolo e Alessandro Drago, e alle alici di Sciacca by Nino Carlino.

Non dimenticando le pesche sciroppate, i legumi e le confetture di Agrirape, azienda di Melania e Angelo Manna, a Leonforte, in terra di Caltanissetta; le mandorle bio di Convicinum, nell’ennese Barrafranca; e il mitico cioccolato dell’Antica Dolceria Bonajuto di Modica, al cui timone sta Pierpaolo Ruta. Sesta generazione di una lunga storia di passione e dedizione.


Tutti prodotti in bella mostra da Fud. Che non trascura certo il vino e la birra.

Pardon, il uain e la bir. Vedi il bianco “La Segreta” di Planeta; il “Note di Grillo” di Alessandro Viola, nell’entroterra alcamese; il Frappato “Belsito” e il Cerasuolo di Vittoria “Maskaria" delle Terre di Giurfo, a Licodia Eubea, nel Catanese.

E per chi predilige la birra? Ci sono quelle del birrificio Bruno Ribadi, con sede nella palermitana Cinisi. Ecco quindi la “Bianca”, prodotta con grano duro biancolilla e scorze di mandarino di Ciaculli; la “Pilsner”, a base degli antichi grani timilìa, russello e perciasacchi; e la “Sicilian Pale Ale”, preziosa di bucce d’agrumi e bacche di sommacco e pepe rosa.

Profuma di acqua di mare invece la “Birra Maris”, pensata ad hoc per il Fud di Milano dal birrificio modicano Tarì. Presente alla spina pure con la “Trisca" e in bottiglia con la “Bonajuto”. "Nella prima utilizzo il basilico, la buccia di limone e lo zenzero che mi fornisce Corrado Assenza. Li metto in infusione a freddo, a circa 2°C, per un tempo che può variare dalle 12 alle 48 ore. Nella seconda invece uso le fave di cacao di Pierpaolo Ruta, unite a vaniglia e a zucchero grezzo”, racconta il suo mentore Luca Modica.

Modica (città) che torna, nei profumi della miscela per moka "For Sud", targata Caffè Moak. Mentre le bibite Tomarchio di Acireale sono arricchite con limone di Siracusa, mandarino tardivo di Ciaculli, arancia di Ribera e arancia rossa di Sicilia. Attrice pure di un amaro quale “Amara”, siglato Rossa Sicily. In scaffale anche col fratello “Etna Bitter”, complici uve carricante e miele di zagara.

A conferma di un’isola dalle idee vulcaniche.


Cristina Viggè
fonte: http://www.fuorimagazine.it/blog/shooting/?permalink=sui-navigli-si-parla-fuddish

Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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