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STORIE DI IMMIGRAZIONE

La storia raccontata attraverso il cibo: nulla riesce a mettere insieme i punti delle società e delle culture quanto il cibo...

È un concetto che sottolineiamo spesso, soprattutto quando si tratta di parlare di tradizione gastronomica, quale elemento mobile e trasversale, che si muove e si modifica nel tempo.

Spesso ci siamo trovati a discutere di quanto forte fosse o meno proprio la cultura del cibo italiana e ci siamo domandati fin dove ci si potesse spingere per trovare delle appartenenze che a volte sembrano essere forzate e faziose. Gli Stati Uniti d’America in questo ne sono la prova tangibile: un Paese di crocevie e di melting pot, che ha saputo trovare una sua identità dalle varie identità collettive e che ha creato diversi affluenti culturali dalla base del fiume madre.

A luglio di quest’anno la Camera dei Deputati americana è stata protagonista della presentazione di un volume che proprio di questo tratta, della vita degli immigrati italiani attraverso il cibo. “Ricette e Ricordi di Nonno – Uno Stile di Vita Mediterraneo” è il titolo del libro scritto da Frank Iovine e Ashley Carr e rappresenta una sorta di viaggio nel tempo che dà voce alla vita di Angelo Iovine, nonno di uno degli autori, giovane emigrato a New York da Napoli nel 1921.

Attraverso le ricette del suo cuore, il libro fa rivivere il “dramma collettivo” dei quattro milioni di italiani che tra il 1880 e il 1915 si avventurarono oltreoceano nella speranza di trovare successo nelle terre americane.

«Un dramma collettivo che colpiva anche chi restava. Il libro è la testimonianza del coraggio di tanti italiani che, in tempi in cui non si arrivava in aereo ma stipati in stive maleodoranti, decisero di lasciarsi tutto alle spalle per inseguire il sogno di un futuro migliore. Molti di loro erano analfabeti, ma con una grande voglia di lavorare» ha dichiarato Francesca Di Matteo, traduttrice del libro in un’intervista pubblicata sul quotidiano “La Voce di New York”.

Sappiamo ormai dalla letteratura storica quanto gli italiani abbiano trovato in America un nuovo modo di cucinare, che per certi versi ha poi condizionato sia la cucina statunitense sia quella italiana stessa (basti pensare a come la pizza ha acquisito popolarità proprio grazie alla storia dell’emigrazione italiana in America). Ed è noto come quel modo di preparare il cibo sia nato dalla necessità e dalla fame.

«La cucina si trasforma e si adatta al Paese di destinazione. La cena della domenica, ad esempio, è ormai una tradizione americana, mentre per noi italiani è il pranzo. Alcune abitudini alimentari sono diventati segni distintivi di come gli Stati Uniti percepiscono la cucina italiana. Lo conferma un servizio della rivista Vogue negli anni Cinquanta, che insegnava agli americani come usare correttamente il cucchiaio per arrotolare gli spaghetti» ricorda ancora Di Matteo nell’intervista di Monica Straniero.
La fame che diventa opportunità e si fa cultura, in un dialogo continuo con il trascorrere del tempo e con l’abitare di luoghi molto distanti per chilometri e abitudini. La fame che trasforma la cultura in culture, il sé in qualcosa di ancora diverso, ma sempre identitario.

Questa è “A Spicchi”, la newsletter sul mondo della pizza realizzata da Linkiesta Gastronomika insieme a Petra Molino Quaglia.


Redazione Linkiesta Gastronomika
fonte: https://g2i7i.emailsp.com/f/rnl.aspx/?lek=t31ow/4c0lk=v2&x=pv&l-=x_q/2-d2bc=&x=pv&cak7806b7&f3&x=pp&y1e.3-ih60m2b0e=2z_/vNCLM

Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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