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Pizzaiolo: un professionista in continua evoluzione


Un fenomeno che le recenti manifestazioni del food hanno messo in luce è la straordinaria evoluzione che sta interessando il mondo della pizzeria...

I pizzaioli sono oggi tra i professionisti più attivi, curiosi, desiderosi di sperimentare e predisposti a innovare. Ne abbiamo parlato con Piero Gabrieli, Direttore marketing Petra Molino Quaglia.


Partiamo dal principio: com’era la pizza quindici anni fa?

«Era un prodotto popolare, ma non nella corretta accezione di piatto facilmente fruibile e comprensibile dal pubblico, bensì intesa come cibo economico, dal consumo rapido, nella maggior parte dei casi realizzato con ingredienti acquistati al risparmio. Proprio da questo contesto, circa 15 anni fa, abbiamo intrapreso un percorso con i pizzaioli, per capire insieme a loro quale potesse essere il futuro per il settore. Su questi presupposti sono nate esperienze come Università della Pizza o il Simposio Pizza Up, con l’obiettivo di riposizionare il prodotto che è sì popolare, ma non per questo di bassa qualità».

Da allora a oggi i pizzaioli hanno fatto molta strada…

«Oggi siamo di fronte a uno scenario profondamente mutato. Tralasciando quella fascia di pizzaioli ancora legati a modelli del passato, si è costituita una categoria di professionisti che investono in studio, ricerca e formazione, per offrire un nuovo modello di cucina, diversa da quella dei cuochi, basata su impasti che diventano la base per accogliere ingredienti freschi o cotti con modalità espressa. Il pizzaiolo moderno è in grado di utilizzare un’ampia gamma di farine e una molteplicità di tecniche e ingredienti».

Parlando di farine, quali sono le nuove tendenze?

«A fronte di una fetta di mercato ancora legata a farine tipo 0 e 00, c’è anche chi si è spostato anche su prodotti più attuali, come le tipo 1, e chi ha saputo cogliere le sfide più moderne, come quella delle farine con cereali germogliati

La nostra azienda ha creato un’offerta esclusiva di prodotti di questo tipo, che richiedono esperienza e conoscenza in quanto cambiano le tempistiche e le tecniche di lievitazione e gestione degli impasti. Con nostra iniziale sorpresa, molti pizzaioli, che vogliono proporre una pizza evoluta, che guarda al futuro, hanno abbracciato la sperimentazione di questi prodotti, che conferiscono alla pizza caratteristiche particolarmente interessanti per consumatori finale. 

Le pizze con farine di grani germogliati, infatti, mantengono la fragranza più a lungo e in modo naturale, con notevole vantaggio, per esempio, quando si fanno asporto o delivery. Non solo, gli impasti risultano molto più scioglievoli al palato, ma si crea un piacevole contrasto con la crosticina esterna che, in definitiva, aumenta il piacere di mangiare la pizza».

In questa evoluzione della pizza, che ruolo ha avuto il tema della digeribilità?

«È stato proprio il punto di partenza. Quando abbiamo iniziato questo percorso insieme ai pizzaioli, noi di Petra Molino Quaglia abbiamo lanciato una provocazione, proponendo di utilizzare farine macinate a pietra, molto ricche di fibre, e lievito madre vivo. Gli impasti così ottenuti davano luogo a una digestione molto più lenta e graduale con un indice glicemico più basso e una percezione di maggiore leggerezza e digeribilità. L’impiego di farine da grani germogliati è il passo successivo, che porta verso una maggiore eleganza del prodotto finito».

Che ruolo hanno avuto le manifestazioni in questa evoluzione?

«Se penso a un evento come Identità di Pizza, posso certamente dire che è una conseguenza del lavoro fatto con Università della Pizza e Pizza Up. Iniziava infatti in quegli anni a emergere un gruppo di pizzaioli che rappresentava un nuovo segmento della pizzeria italiana, quella che chiamammo una new wave della pizza e che volevamo potesse far sentire il proprio punto di vista. In questo senso siamo felici che anche Identità Golose abbia contribuito alla divulgazione di questi nuovi modelli di pizza. 

Quasi contemporaneamente, hanno iniziato ad accorgersi del fenomeno anche le guide. Il Gambero Rosso, per esempio, introduceva più o meno nello stesso periodo una sezione specifica dedicata alle pizzerie, che vennero, forse un po’ impropriamente, definite “gourmet”, un termine che a mio avviso non esprime il concetto di modernità che invece caratterizza questo nuovo modo di concepire la pizza».

Qual è la tua opinione sulle guide?

«Se curate da persone competenti sono un ottimo strumento per proporre al consumatore delle selezioni di locali, valutati in base a determinati criteri. Come azienda siamo anche sponsor di alcune guide; mentre ritengo meno interessanti i concorsi o le classifiche, che nel nostro modo di vedere le cose, sono in contrasto con il messaggio che vogliamo veicolare, ovvero quello di far comprendere alla categoria l’importanza di fare squadra, affinché quando qualcuno emerge ne benefici l’intero settore».

E sulla possibilità di conferire alle pizzerie le stelle Michelin?

«Partendo da presupposto che cuoco e pizzaiolo sono due professioni diverse, con competenze specifiche, è indubbio che il mondo della cucina e quello della pizzeria si stanno avvicinando. Da un lato troviamo chef che introducono la pizza, sfruttando la popolarità di questo piatto come strumento di comunicazione; dall’altro ci sono pizzaioli che sulle loro pizze servono piatti di alta cucina. Detto questo, ritengo che se una pizzeria offre un livello di qualità pari a quello di un ristorante, in termini di ingredienti, prodotto e servizio; in linea con le indicazioni della guida, non vedo perché non possa avere pari dignità e, allo stesso tempo, non accetterei il fatto che una guida sia più “benevola” nei confronti di una pizzeria rispetto a un ristorante».

Molti pizzaioli oggi stanno ampliando la loro offerta, dal pane ai dolci lievitati. Cosa pensi di questa diversificazione?

«La ritengo un’ottima strategia imprenditoriale, a patto che i pizzaioli non entrino in concorrenza con pasticcerie e panifici. Pani e lievitati prodotti in pizzeria devono avere caratteristiche diverse, proprio perché a produrli è un professionista che ha un diverso background e competenze specifiche. 

Partendo da questo assunto la diversificazione dell’offerta consente, soprattutto in questo periodo storico, dove le tensioni sui prezzi sono molto forti, di contenere gli aumenti sul prezzo della pizza, perché il valore medio dello scontrino viene arricchito da altri canali di vendita. 

Non solo, avere più linee di prodotto consente di far ruotare il magazzino rendendolo quindi meno costoso. Infine, offrire prodotti finiti a proprio marchio è un modo per portare il brand fuori dalla pizzeria, fidelizzando i clienti esistenti e trovandone di nuovi».

Per concludere, dopo anni in cui la pizzeria ha fatto tanta strada, cosa vedi nel futuro del settore?

«Durante le ultime manifestazioni a cui abbiamo partecipato, abbiamo iniziato a presentare, attraverso i nostri partner pizzaioli, il concetto di “cucina dei cereali”. Un modo per sottolineare che la cucina della pizzeria è diversa dalla cucina del ristorante, ma anche per mettere in luce un altro aspetto: che la pizza, per potersi elevare, deve ragionare come la cucina e costruire un insieme di tecniche e pratiche che consentano di concretizzare un’idea ben chiara su cosa servire e come servirlo. 

La cucina dei cereali si basa sull’equilibrio gustativo e mette sullo stesso piano il sapore del grano e quello degli altri ingredienti. In altri termini, occorre abbandonare l’idea di basi quasi insapore da coprire con una grande quantità di altri ingredienti, ma concepire piatti dove sia ben percepibile il sapore del grano (e qui giocheranno un ruolo sempre più importante le farine da grani germogliati), tanto da poter alleggerire la quantità degli altri ingredienti, privilegiandone la qualità e guadagnando in leggerezza e salubrità del prodotto finito».


Redazione Food Service
fonte:
https://pardot.gruppofood.com/webmail/656763/1302112765/28bf9c2147925e11bc7ef95d87d67e4c69d4089ee9f5be4c6139ba22a5900ec6

La foto di Piero Gabrieli è di Thorsten Stobbe (ndr)

Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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