«Da grande volevo il fare il pizzaiolo».
Non sarà forse tra le più comuni ambizioni dell’adolescenza, né tantomeno per lui è stato un amore a prima vista, ma il potere magnetico dell’impasto ha cominciato a corteggiare Fabrizio Mancinetti quando aveva quattordici anni e lavorava già in una sala ad Anguillara Sabazia, sul lago di Bracciano, per arrotondare la paghetta settimanale della mamma cuoca. Lui serviva ai tavoli - diversivo che sempre lo diverte, tanto che non è raro trovarlo in questi panni ancor oggi che dirige la gigantesca macchina ristorativa del The Oven di Bath -, ma lo sguardo gli cadeva sempre dalle parti del forno, a sbirciare tra i miracolosi riti delle lievitazioni, a inseguire i gesti delle panificazioni.
Non sarà forse tra le più comuni ambizioni dell’adolescenza, né tantomeno per lui è stata effettivamente una scelta, ma per compierla fino in fondo non gli è bastato nemmeno restare al suo paese, dove trovare un lavoro si era rivelato complicato. Gli è bastato invece, ad appena 22 anni, andare in vacanza oltremànica e chiedere per gioco un impiego in un ristorante italiano: in men che non si dica era in cucina, anzi - com’era evidentemente scritto nel destino - al banco della pizza.
«Al colloquio avevo detto che ero capace di fare la pizza napoletana anche se non era vero», può ricordare e confessare ridendo solo adesso che è stato consacrato come miglior pizzaiolo d’Inghilterra: nel 2016, infatti, ha vinto ai Papa Industry Awards come Pizza chef of the Year, grazie ad una Pizza con crema di noci, prosciutto cotto, nduja calabrese, fichi freschi e basilico viola, che resta una delle più richieste tra le circa tremila sfornate ogni settimana al The Oven, «anche se la mia preferita - ma questo c’era da aspettarselo - resta sempre la Margherita».
Dai giorni in cui Fabrizio si è messo a rubare con gli occhi il mestiere al pizzaiolo di quel minuscolo ristorantino italiano che lo aveva assunto, infatti, di cose ne sono rapidissimamente cambiate tante: lui ha prontamente deciso di studiare sul serio - tra i libri e con l’esercizio - la sconfinata materia degli impasti e delle farine, in poco tempo si è aggiudicato un premio per la miglior pizza di Bath e subito dopo il proprietario di quello che sarebbe stato il futuro The Oven gli ha proposto di occuparsi dell’apertura della sua grande pizzeria direttamente come head chef.
«Non ho mai avuto nessuno ad insegnarmi davvero il mestiere - racconta - Ho sempre fatto tutto da autodidatta, innumerevoli volte sbagliando e altrettante imparando». Un percorso di formazione accelerato, che presto lo ha portato ad incontrare Petra® Molino Quaglia, «perché per andare in guerra devi innanzitutto avere un buon fucile».
Petra lo ha poi scelto come partner selezionato e ambasciatore. Mancinetti sta lavorando a una rivisitazione dell’impasto napoletano, «una versione che ambisco a rendere superiore grazie ad una migliore alveolatura e ad un’altissima idratazione, che può raggiungere il 78% grazie al mix composto da Petra 1 macinata a pietra, che favorisce il mantenimento delle parti cruscali nobili e del germe di grano, e Petraviva, una farina ricca di frumento che favorisce una lievitazione più rapida e una migliore digeribilità».
Un lavoro sperimentale tutto in evoluzione che molto dice dell’approccio di Fabrizio; che se anche oggi è diventato l’executive chef dell’intero gruppo ristorativo di cui la pizzeria del The Oven fa parte, tutto il suo tempo continua a dedicarlo alla ricerca non tanto dell’impasto perfetto ma di un’impasto di cui lui possa effettivamente considerarsi orgoglioso come suo standard.
«La verità è che impastare è un arte perché è effettivamente un lavoro di creazione, si ferma solo dove arriva l’immaginazione», racconta col tono di voce di chi si è arreso al fatto che quell’antico corteggiamento sia ormai mutato in un definitivo innamoramento: «Voglio conquistare ogni giorno una nuova conoscenza e una nuova competenza. Potrei non finire mai di esplorare nuove strade, tentando sempre nuove tecniche nel segno della leggerezza e della croccantezza, della digeribilità ma anche del profumo».
Un profumo, non lo si può negare, che spesso nel mondo della pizza rimane ancora una traccia impalpabile e che Fabrizio non vuole accontentarsi di cercare solo negli ingredienti, pomodori e mozzarelle su tutti, che si fa arrivare sempre freschi dall’Italia - «Sono cresciuto con l’orto e le galline, a casa mia la spesa si faceva sempre nelle botteghe, per me i piccoli produttori restano sempre la prima scelta e su questo non potrei mai accettare compromessi» - ma che vuole tirar fuori proprio dalle sue farine: «È per questo che preferisco usare sempre impasti fermentati come la biga e il poolish, affinché nella mia pizza ci sia sempre (e sempre di più) innanzitutto l'aroma autentico del grano».
Concetta Bonini
fonte: https://www.identitagolose.it/sito/it/209/25619/mondo-pizza/fabrizio-mancinetti-dall-inghilterra-un-volto-nuovo-della-pizza-contemporanea.html?p=0
Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)
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