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Aciugheta a Venezia, recensione: sulla pizzeria dei veneziani


Il sestiere di Castello a Venezia, nella zona tra la Piazza e i Giardini della Biennale, è il luogo più affollato dai turisti, e i ristoranti che lì abitano giocano il gioco...

Infatti passare tra quelle calli oggi è desolante: si incontra una saracinesca abbassata ogni due. Poi ci sono i posti “da veneziani” che da queste parti si contano sulle dita di una mano, ma che hanno riaperto tutti. Uno di questi è l’Aciugheta, la pizzeria dei veneziani a Venezia nonché bacaro storico, diventato celeberrimo anche altrove quando i gestori hanno aperto un altro ristorante, il Ridotto, nove tavoli e una stella Michelin dal 2013.


L’osmosi tra la trattoria e lo stellato

Lo spazio all’interno è particolarmente intimo, ma in questa stagione sul campo antistante [n.d.r. a Venezia le piazzette si chiamano campi] ci stanno 30 coperti comodi anche con le norme di distanziamento.

Tutta la sala, che poi è solo questa porzione di selciato, è servita da un unico cameriere, con traversa di lino e i modi garbati di uno stellato e bonaccioni di un’osteria. Il servizio non è proprio celere, ma si è trattati con quella cura che ti fa soprassedere.

Essendo un bacaro, il locale è famoso anche per i cicchetti [n.d.r. quelle tapas veneziane che si mangiano per accompagnare il vino all’aperitivo], che propone come antipasti placé a prezzi un po’ sopra le righe: 3,5 euro un crostino con burro e acciughe, 4 euro per un crostino con il baccalà mantecato, 5 euro per un piattino di giardiniera, 2 euro per una polpetta, 3,5 euro la pizzetta con l’acciuga, che è il cavallo di battaglia del locale.

Ma sapendo di ordinare le pizze, per gli antipasti ci avventuriamo in un crostino burro e acciughe – in fondo in qualche modo onoriamo la vision del locale – e una giardiniera in agrodolce, perché è fatta in casa e perché viene proposta come piatto ideale per aspettare le pizze, assieme a una misticanza e a una caprese. Mi sembra saggio non sfondarsi di carboidrati e procedo.

Dal nostro tavolo, la vista dà sull’ingresso del ristorante stellato che è proprio accanto, ed è una posizione privilegiata per notare come ci sia una frequente osmosi tra le due cucine, in particolare, dallo stellato escono alcuni antipasti per i nostri tavoli e, quella che ha tutta l’aria di essere una giovane aiuto chef, corre su e giù per il campo a recuperare ingredienti dalla nostra cucina, che poi porta al ristorante.

Mi sembra un segno positivo, e infatti la giardiniera che ci portano ha un sapore che dimostra ancora una volta come la cura, anche nei piatti più improbabili, lasci il segno: non è per niente acida, tutte le verdure sono croccanti alla perfezione, compresa la cipolla che normalmente finisce per ammosciarsi, c’è un sacco di varietà e un piattino stuzzica l’appetito di due persone, senza che nessuna delle due si senta frustrata dalla sua porzione. Il tutto viene corredato da un cestino di pane preparato con lo stesso impasto delle pizze.

Un po’ meno bene per il crostino con il burro e le acciughe, in cui il pane è buono e le acciughe pure, ma il burro è completamente sciolto dal calore del pane tostato, e quindi impalpabile al palato.

C’è un intoppo sul bere: se si vuole abbinare una birra alla pizza non c’è molta scelta. Niente spine ma solo bottiglie, e nemmeno molte bottiglie. Due Moretti (bianca e rossa), una Morgana e una bianca e una Ipa del birrificio Zago, su cui puntiamo senza convinzione.

Il locale ha chiaramente fatto la scelta di preferire la carta dei vini, puntando probabilmente su una selezione economica delle bottiglie già presenti nella cantina del ristorante stellato. È una scelta che ci sta se si pensa che il veneziano medio va a prosecco, ma è un po’ un peccato che, in un posto che si vanta di avere una delle più buone pizze di Venezia se non la più buona, la carta delle birre non tenga il passo.


Poche pizze, fatte bene

Quanto alle pizze il menu conta quattordici pizze, quasi tutte greatest hits (dalla marinara alla capricciosa, dalla vegetariana alla tonno e cipolla), più tre pizze bianche. I prezzi vanno dagli 8 a 14 euro.

Nel menu compare inoltre il logo delle farine Petra e la dicitura: “I nostri impasti sono caratterizzati da lunghe fermentazioni che favoriscono la leggerezza e la digeribilità”.

Gli ingredienti delle pizze sono quasi tutti biologici, e la descrizione dei topping lascia intravedere un risultato di qualità: ad esempio la Margherita (10 euro), pomposamente ribattezzata “la vera margherita”, ha i pelati bio, la mozzarella fiordilatte, il basilico e l’origano selvatico bio.

Se pelati bio, fiordilatte e origano selvatico sono presenti su quasi tutte le pizze, ci sono altri topping che potrebbero essere scontati ma non lo sono. Sulla tonno e cipolle (10 euro) la cipolla è caramellata, sulla marinara (8 euro) ci sono i datterini freschi, e sulla pizza “campana” (14 euro) ci sono i ciliegini gialli e le zucchine trifolate. Insomma nessuna etichetta “gourmet”, ma una selezione di ingredienti semplici, freschi e trattati bene. E quel che c’è di più apprezzabile è il contenimento dei prezzi: 10 euro per una Margherita possono sembrare tanti, ma non lo sono affatto quando la lochèscion è Piazza San Marco...


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Rossella Neri
fonte: https://www.dissapore.com/pizzerie/aciugheta-a-venezia-recensione-sulla-pizzeria-dei-veneziani/

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