La dogana, quelle fughe senza ritorno e il ricordo dialettale che qui ha tenuto sepolte miscellanee e possibilità di implosione, mi mettono un’ansia senza specifiche, rendendomi più codardo verso una provincia che non conosco e che continua a non affascinarmi. Sono luoghi chiusi, economicamente determinati, spiccioli, non spostano di un grado la mia passione. E per questo ho sempre fatto fatica a trovare un artigiano che mi ridesse indietro qualcosa al di là della chiusura.
Eppure qualcosa si è nascosto, si nasconde ma non credo che continuerà a nascondersi per molto. Mario Bacilieri, imprenditore-pasticciere, ha deciso di fare le cose in grande e per bene, tra scouting, scelte determinate, rinnovo dei locali, futuro rinnovo dei laboratori, decentramento ed estetica, ha messo in piedi quella che è tranquillamente definibile come la più bella pasticceria d’Italia, almeno rimanendo nel classicismo pre-hipster.
La gestione va di pari passo con l’artigianato. Il distacco d’affezione non è mai un distacco critico. Anche se l’inizio promette altro. L’apparenza algida della bellezza ha quel cliché retro anni ’80 dove tutto è al proprio posto, rifinito e definito. Così fino al tavolino. Fino ai primi assaggi. Dove bellezze, etiche bontà e materie prime altalenanti (e in alcuni casi altisonanti…) diventano dialogiche, aprendo la storia su un self-made man che oltreoceano avrebbe già un programma tutto suo tipo “Pastry Shop Startup”.
Nessuna famiglia dolciaria alle spalle, un po’ di gavetta a cavallo del confine e poi la sorprendente decisione di mettersi in proprio a ventitré anni. Ecco, erano altri tempi, si iniziavano a vedere le prime cravatte sgargianti, il boom era ad un passo da accadere, con tutte le attenuanti del caso, ma Mario Bacilieri ha creato dal nulla la sua attività, ha cambiato varie sedi, è arrivato a Marchirolo, ha cambiato più di un negozio, si è ingrandito e soprattutto si è messo alle spalle tutte le crisi, plausibili o meno plausibili, migliorando e incrementando il fatturato anno dopo anno. Senza protervia, ma con la necessità istintiva di sapere scegliere e di saper decidere.
E così anche le consulenze sono diventate quel pregio per chiudere i discorsi sul saper fare e sul saper errare. Perché se il croissant è perfettamente sfogliato, friabile (con la trovata della mistura brezel in crosta) ma manca di aromatica perché il burro non è il solito, il primo accorgimento è quello di Mario, che letteralmente non ci dorme. Perché quando arrivano i giorni scarichi, alla vacanza preferisce il pensiero su come portare i suoi prodotti verso l’eccellenza.
Il suo punto di vista è onnicomprensivo. E così i dolci devono avere quella presentazione e quella contemporaneità da cliente assuefatto al reality urbano che vuole la borsa Vuitton in pasta di zucchero e quella Gucci in cioccolato plastico. Per farle bene ci vuole una fatica artistica incredibile.
E così Mario ha cercato la persona giusta per il posto giusto. Perché lui adesso ha in testa i lievitati e la gestione del suo lievito. In corso d’opera… Il resto è una pasticceria tenue, bella, non particolarmente pretenziosa.
Stupito da una bavarese dai mille retrogusti, piccoli frutti rossi in copertura e Pan di Spagna a chiudere. Perfettamente bilanciata, bassa di zucchero ma non di aromatica. Acidità a posto e un amore per il frutto di bosco raro. Così anche nei mignon, Mario utilizza lamponi, fragoline e mirtilli non solo come contrasto e come contesto ma come testo e dettaglio.
Le forme estetiche non fanno saltare il contenuto perché il cliente va sempre accontentato e uscire dal confortante è sempre molto complesso. Così mi stupiscono un piccolo muffin per semplicità e assoluto controllo della pasta, umida, bella, alveolata, e la sua rivisitazione dei brutti e buoni, più leggera, con la nocciola tostata particolarmente bene. Ormai lusso dei lussi. Perché Mario è anche gelatiere e ha deciso di prodursi lui le sue paste e parte delle materie prime. Così… tanto perché ha poche cose da fare e da gestire.
Imprenditore dolciario se ce ne è uno, forse il migliore, e se ne è accorto anche Stefano Laghi (a breve a corte…), con una consapevolezza familiare di gestire tutto in maniera organica, rendendo un paese assolutamente sbiadito la sua oasi di cupidigia.
Una cosa lo differenzia rispetto a quasi tutti gli altri pasticcieri troppo artigiani, una cosa talmente intelligente da risultare strenuamente semplice: ognuno, nella sua pasticceria, fa quello per cui si è presentato, senza eclettismi poveri d’accatto. Dal barista alla cake designer. E così, a regnare, è quell’ordine tranquillo che elimina un po’ di pressione…"
Redazione il Sapere dei Sapori
fonte: http://ilsaperedeisapori.it/quando-limprenditore-dolciario-si-rimette-in-gioco-mario-bacilieri/
Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)
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