Molto prima delle abitazioni, dei pubblicisti che occupavano villaggi di case monofamiliari in periferia, della decadenza, dei centri sociali e degli strascichi per contadini urbani e orti idroponici, qui si provavano architetture futuristiche per creare enclavi di benessere al di là di quella Milano a fisarmonica che si è portata via tutto… oltre la ferrovia, oltre quei luoghi che sanguinavano di rosso e che le cicatrici han deciso di richiuderle da sé.
Così, Via Melchiorre Gioia è sempre stata fosca di abbandoni e di accoglienze. Chi arriva e chi va. Ma chi l’ha mai guardata? Chi ha cercato una logica consumistica, chi l’ha legata alla città dello stare bene e chi non ha mai smesso di sottoporsi alla necessità della risposta. Gli altri sono passati. Ma un paio di angoli meritano ancora di essere assistiti, magari seduti ad un tavolino, guardando quelle maledette corsie trasferire immondizia e felicità da borse piene.
Sicuramente la pasticceria di Alberto Roffia, Alvin’s (dalla somiglianza con il leader dei Chipmunks…!!!), merita un tempo e una concentrazione. Famiglia di pasticcieri itineranti per la capitale morale, compravendite, cessioni, lavoro dipendente e infine la scelta di mettersi in proprio, di creare un nuovo laboratorio e di allargarsi mantenendo i legami dolci col dolce. Dal metodo Morandin alla farina Quaglia, i passaggi di Alberto hanno sempre avuto la mira della serietà, con tutti i traumi e le compromissioni glutiniche del caso.
Pulito e artigianale ma soprattutto nessun nascondimento. Le ricette sono lì e le mani anche. Sta farcendo un pan di spagna e, nel mentre, prova un dialogo. Creme chantilly, creme pasticcere, paste montate, bagne al maraschino e bagne all’arancia (che molte persone chiedono di non mettere più nelle torte ma che rimangono sempre le stesse, uguali a se stesse e uguali ad un giorno di festa che non si è mai evoluto se non nel tempo che resta…), canditi, zest, zucchero, convenzioni di una pasticceria e di una storia che al dimenticatoio han preferito la rimessa in discussione attraverso il dolce più moderno e sintomatico del dipendente gastronomico: la pasta lievitata.
Io sono lì per quello e per la più bella ghiaccia che la mia memoria ricordi. Alberto ha preso in laboratorio le capacità di un offelliere di viale Monza, uno di quelli venuti su a nebbia e serietà, che un metodo hanno imparato e su quello potrebbero raccontare tutto, dalla gestazione alla vecchiaia. Le veneziane sono contestuali alla vetrina, come solo nell’anacronismo ancora si riesce a rendere, hanno un velo di burro al naso e tutto agrumi.
Canditi buoni, una punta di acidità (così come nel pane, così come nel lievito…), ben alveolate, lievito molto forte e una mandorla tostata perfettamente. Un buon prodotto senza aromatiche eccessive e senza nessuna preponderanza. Una rappresentazione di una realtà molto al di là del tecnicismo. Milano. Ecco quello che fuoriesce, con delle vetrine adorne, senza canfora, con ancora quella voglia di rimanere legati ad un dolce che abbia dei profumi e una fatica, senza la necessità di sorprendere a tutti i costi.
Il ruolo di Alberto è quello di non nascondere più, di non rigettare una città e la sua tipicità, di provare a riprendere in mano un’identità che non rimanga legata a compratori, sofisticatori e botteghe del gusto. Qui ci sono ancora profumi forti e profumi dotti, dolcezze inique e abitudini dolciarie da rughe affamate, le stesse che ci hanno reso sporchi e le stesse che abbiamo smesso di cercare come numi tutelari.
Alvin’s è un luogo che dell’antichità ha portato fuori le contraddizioni rendendole un filo meno rispettose. Il panettone è Milano, il suo inverno, le sue luci ma soprattutto la deferenza intrinseca della gente che da qui non si è mai mossa, con la sua spilorceria, con la spocchia, l’accento nasale e la poca cordialità. Ecco perché in un luogo del genere è giusto riposare la ricerca, cercando ancora la gentilezza e la serietà senza pose.
Alberto ha capito che la moda non la fa Milano, Milano è la moda e per questo il panettone non tramonterà mai… oggi è il revanscismo fermentativo, domani sarà il burro e dopodomani la pirlatura… va solo seguito e rimesso un po’ a lucido…
Redazione Il Sapere dei Sapori
fonte: http://ilsaperedeisapori.it/lievitati-e-classicismo-alberto-roffia/
Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)
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