La cascina come forma territoriale d’inclusione del mondo e la possibilità di fuggire come unico modo per riformarsi e ricordare quei posti come un barlume d’indecisione.
Queste sono terre disilluse, dove ritornare è più facile che restare, e la città non ha fatto altro che solcare una differenza sociale che le ha definite per sempre come campagne.
E così, chi ha deciso di rimanere e di fare l’artigiano, prima di andare oltre, deve per forza essere passato dal lato oscuro, quello della gastronomia da un tanto al kilo e della pizza come forma veloce di pranzo sul divano.
Luca Mariani, insieme alla sua famiglia, sta mettendo in atto la più classica delle rivoluzioni silenziose. Sotto traccia e trasparente.
Eppure c’è stato il tempo delle pizzate in compagnia, delle tavolate e delle urla belluine. La sperimentazione sulle farine era lontana, ma l’idea ereditaria era comunque quella di una cucina povera, fatta bene, seguendo le stagioni, i tempi dei contadini e i modi di approvvigionarsi di queste terre.
Era una trattoria di brume invernali e zanzare estive. Poi qualcosa ha spinto Luca verso la ricerca, verso l’analisi di quei mulini che stavano cominciando a fare una discreta qualità ma soprattutto un’ottima comunicazione. Quell’industria travestita da artigianato che è riuscita, senza pietre, ad investire quantomeno la possibilità. E così la pizza è diventata una cosa seria, è arrivata alla sua età della ragione. Luca ha studiato, ha preso spunto e poi ha imboccato la sua strada.
Il lievito madre è stato una fase della sua vita. Conservazioni, rinfreschi, notti in laboratorio e la volontà di mostrare alla clientela la possibilità di qualcosa di diverso. Più acetico e più acido. Ma la coesione con il prodotto finale non è stata soddisfacente e così è tornato ad una gestione della lievitazione naturale a partire dalla biga.
Lievito di birra, pochi grammi per kilo, quarantotto ore di fermentazione e amilasi e proteasi a scindere tutto. La digeribilità è la più strenua compagna della pizza contemporanea. Alta, alveolata, leggerissima, anche tirata con zafferano, pomodoro e nero di seppia, per dare colore. È il più classico disco dove cucinarci sopra di tutto. Dal baccalà con i pinoli e il pomodoro secco, ad asparagi, piselli e fave, dalle combinazioni con i salumi fino a tutto quello che l’umana gestione del palato possa mettere a tema.
Perché la pizza gourmet di Luca, che assomiglia alla focaccia veneta per cui si son fatte guerre di religione contro i veraci napoletani, è un prodotto assolutamente contestuale, privo di sovrastrutture e lievitato benissimo. Nessuna acidità, friabile anche dopo la prima cottura, strutturato secondo comuni canoni contemporanei di somiglianza ma vincolato ad un tocco di originarietà che è il suo marchio di fabbrica, della sua famiglia e dello chef che ha chiamato qualche tempo fa per accompagnarlo nelle sue visioni di abbandono: Simone Livraghi.
Preparato ma senza paraocchi. Bravo ad impostare i piatti su una materia prima lussuosa. Ora è il tempo di andare nelle campagne, di sporcarsi le mani, di tornare a quelle cascine e a quel territorio cremasco con il prodotto in versione “pochi eletti”.
Luca e Simone formano una squadra di cercatori, sono arrivati in quelle determinate circostanze dove hanno fatto delle scelte precise, in altre ci devono ancora mettere la testa e possono solo cominciare a scavare. Dalla frollatura delle carni alla scelta del pesce, la loro storia non accede ai compromessi facili del fornitore unico, nonostante quei luoghi e quella clientela da terra di mezzo che sta lavorando sul concetto di consuetudine.
È la voglia di rimanere e di non raccontare i meriti più dei limiti, non c’è molto di più significativo in quel tempo dedicato alla frequentazione. Capire le potenzialità del prossimo e non tarparle, nemmeno il giorno della celebrazione. Perché è tutta una questione di forza di volontà e di apertura al mondo. Al di là di carattere, capacità ed esperienza.
Ecco, Luca Mariani, o come preferisce definirsi lui, Mariani Luca, è veramente un uomo di attributi e bontà, di quella fierezza tenera che non molla mai un colpo, che ha bisogno sempre di nuove sfide e che è capace di riconoscere i meriti altrui sempre sotto forma di una crescita complessiva. In primis del suo palato. Perché tratta ancora le persone come una possibilità…
Redazione Il Sapere dei Sapori
fonte: http://ilsaperedeisapori.it/la-pizza-e-il-tempo-dellascolto-luca-mariani/
Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)
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