I pizzaioli usano infatti dire kalò per indicare qualcosa di buono e skatà per dire cattivo; parole di origine greca (kalos in greco significa bello, buono) che nel corso dei secoli hanno incontrato le infinite sfumature di suoni e parole del dialetto partenopeo.
Il 50 infatti nella cabala e nella smorfia partenopea è il pane e i pizzaioli sono maestri dell’arte bianca, si sa. 50 Kalò è dunque l’impasto, il panetto buono, da cui nasce una pizza buona, condita con i migliori ingredienti.
Il menu di 50 Kalò è basato su selezione delle materie prime, stagionalità e ricerca del buono.
Sin da piccolo giocavo con le farine e mettevo le mani in pasta nella pizzeria del papà, aperta da mia nonna a Portici nel 1968. Nella pizzeria di famiglia mi sono formato e ho imparato a fare le fritture, poi il mestiere del pizzaiolo. Nel 1996 mi sono diplomato e la passione per la pizza è diventata la mia professione.
Grazie all'esperienza di tre generazioni di pizzaioli, ho approfondito la tecnica attraverso lo studio e la ricerca dei prodotti e delle materie prima di eccellenza.
L'impasto è diventato il mio pallino. Seleziono io stesso le farine a basso tenore proteico, le tocco con le dita e aggiungo acqua, tanta acqua, e una lievitazione di circa 20 ore a temperatura ambiente. Il risultato è un pizza soffice, morbida, altamente digeribile.
Quando si lavora a temperature ambiente, le variabili sono molte. E' fondamentale l’esperienza del pizzaiolo. Spesso questa cosa viene sottovalutata, ma è fondamentale: la maturazione dell’impasto avviene prima rispetto all’uso di basse temperature (frigo).
E' la lavorazione e la lunga lievitazione che portano a sviluppare elementi aromatici importanti in una pizza; per questo per i condimenti provo e testo una grande quantità di prodotti, non mi fermo mai al primo assaggio.
Gli ingredienti che seleziono sono sempre di primissima qualità, e prediligo piccoli produttori che lavorano con una filiera corta - dall'olio extravergine d’oliva ai migliori pomodori e latticini campani e eccellenze italiane (come il capocollo di Martina Franca e la ‘nduja artigianale di Spilinga).
Sono cresciuto nella pizzeria di famiglia e la mia tradizione è quella "napoletana". L'aspetto caratteristico che rende riconoscibile la pizza napoletana è l'impasto che deve essere sempre plastico, soffice, quindi ben idratato.
La pizza non è un contenitore, non è un piatto da portata: la pizza è pizza, è impasto, è la pasta stessa. È lei la protagonista. Il resto è accompagnamento che deve esaltare ed esaltarsi con l’impasto.
Per tutti questi motivi sono sostenitore dell'utilizzo del forno a legna, come da tradizione, perché la pizza con una rapida cottura fonde completamente con gli ingredienti (pomodoro, olio e il latticino).
La vera pizza napoletana prevede la cottura in forno a legna con cupola basse a bocca stretta, per mantenere la temperatura sui 450-500 gradi, e per far sì che la pizza cuocia in 40-60secondi.
l forni a gas o elettrici permettono una standardizzazione maggiore anche con operatori meno specializzati, ma bisognerebbe verificare cosa succede a regime, quando le pizze da sfornare sono tante.
Da settembre ho allargato il locale aggiungendo un forno a legna e sono passato a 190 posti a sedere. Senza il forno a legna non c’è pizza napoletana. L'obiettivo di 50 Kalò è di offrire pizze classiche ma anche d’autore, buone, fatte come tradizione comanda, dove ogni passaggio - dall'impasto al forno, al condimento finale - ogni più piccola scelta, è frutto di una ricerca attenta e di una passione antica".
Ciro Salvo
fonte: http://www.identitagolose.it/sito/it/209/14167/mondo-pizza/i-miei-segreti-di-pizzaiolo.html?p=0
Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)
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