e scrive bene, perché se qualcosa caratterizza Antoniolo, è proprio questo originale connubio tra tecnica e scienza da una parte, prodotto e attenzione alla naturalità (e salubrità) dall’altra.
Cerca una sintesi efficace di tutto questo, perciò disegna un percorso originale che gli è valso la chiamata a Identità Milano, sarà tra i relatori della prossima edizione di identità di pizza, come abbiamo raccontato qui.
Bassanese classe 1975, «mamma mi racconta che a nove anni ho cominciato a cucinare e non ho più smesso». Passione improvvisa, non dettata da eredità famigliare, «anche se mio padre, che lavorava in tutt’altro settore, è un gran appassionato di cibo».
Comunque sia, è stato (ed è) nell’ordine prima cuoco, poi pasticcere, infine anche pizzaiolo: insomma la pizza non come defatigante trampolino di lancio, bensì punto di (parziale) arrivo di un percorso tutto interno al mondo goloso.
E – lo accennavamo prima – anche del sano: perché dopo aver imparato a stare ai fornelli e al forno, dopo aver tanto studiato anche le implicazioni chimiche e fisiche della cottura, per Antoniolo la nuova frontiera – lui è uno di quelli che non si accontenta mai e cerca sempre il proprio Far West – è:
«la ricerca sul rapporto tra quello che mangiamo e ciò che accade al nostro metabolismo. Il compito del cuoco moderno, e lo stesso dicasi per il pizzaiolo e il pasticcere (lui riassume in sé le tre figure,ndr), non è solo quello di proporre il Buono e il Bello, ma trovare il punto di connessione con un corretto impatto metabolico. Una sfida per i prossimi 50 anni», lui la chiama “cucina funzionale” e afferma convinto: «Noi professionisti della ristorazione dovremmo, come i medici, fare il giuramento di Ippocrate».
E’ una battaglia nuova, in cui principi in nuce Antoniolo già applica al suo Ottocento Simply Food, aperto nel 2008 a Bassano del Grappa (Vicenza) dopo svariate esperienze: da giovanissimo nella cucina dell’allora stellato San Bassiano, poi da chef-patron della trattoria La Gamba («Eravamo specializzati in gnocchi e carne»), quindi con una sua prima pizzeria, Al Ponte, «in anni in cui la pizza era pressoché un disastro».
Tutto sempre a Bassano: ma allo chef-pizzaiolo non manca certo l'apertura mentale per viaggiare con la mente pur rimanendo al paesello.
L’illuminazione che un altro mondo (e un’altra pizza) è possibile gli viene scoprendo il lievito madre all'inizio del nuovo millennio e scoprendo altresì che nessuno se ne occupava, «l’unico corso, al quale mi scrissi, lo teneva l’Etoile a Sottomarina, ma riguardava il panettone».
Lì conosce Stefano Laghi e Luca Montersino, con il secondo condivide un pezzo di carriera da consulente finché un giorno il pasticcere piemontese deve dare forfait a una sua lezione di pasticceria prevista presso Molino Quaglia: «Vai tu al mio posto», dice ad Antoniolo, trentenne. Lui tentenna solo qualche secondo. Quelli del Molino lo sentono parlare e non se lo lasciano scappare, per tre anni entra nel loro staff a fare ricerca.
Oggi all'Ottocento propone impasti «che sono un’intersecazione tra la tecnica del panettone e quello della ciabatta», ma per fare la pizza.
Passano attraverso scrupolose fasi di fermentazione, maturazione e lievitazione. Usa farine diverse, una frumento tipo 2 di base «ma poi via via farro, segale, grano saraceno, avena, farro integrale…».
Si diverte, anche a incorporare, al posto dell’acqua, essenze di ortaggi (zucca e curcuma, foglie di basilico, barbabietola, broccolo…); ma non perde mai di vista il fatto che Ottocento è un locale da 150 coperti (che scenderanno a 110 tra qualche mese) e 20 dipendenti, «devo fissare standard facilmente replicabili».
La prima idea è che la sua insegna, così com'è, gli stia persino stretta, non come ampiezza ma come possibilità di riversarvi la sua sete di ricerca. La seconda è che avrà tanto da dirci, in futuro: così iniziamo pure a sentirlo, a Identità Milano.
Carlo Passera
fonte: http://www.identitagolose.it/sito/it/209/15989/mondo-pizza/buono-e-sano-la-lezione-di-antoniolo.html?p=0
Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)
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