Nel caso del cibo, poi, sono ancora più convinto che la tradizione debba essere tenuta in vita riscrivendo in chiave contemporanea le ricette della storia, per dare forza al legame del piatto con i suoi ingredienti e, dove possibile, con il territorio.
La ristorazione d'oggi in pizzeria dovrebbe andare verso piatti più leggeri da digerire, sempre maggiore presenza di ingredienti vegetali di stagione, abbinamenti più semplici da comprendere, nonché esplorare, per i più avventurosi, contaminazioni con cucine etniche. E, considerando gli effetti noti del consumo abituale di carboidrati, orientarsi all'uso di farine naturali, ricche di fibre e lavorate negli impasti con tecniche che rendono il glutine "più docile" nel corso della digestione.
E poi mi capita di leggere, a proposito della pizza nelle diete ipocaloriche, un articolo (vedi qui) dove il medico Paolo Accornero afferma che «il problema dipende dal grado di cottura: a 350 o 400 gradi — che è appunto la temperatura con cui l’impasto della pizza viene cotta al forno — diventa tutto zucchero». Uno spunto di dibattito non da poco su un tema che varrebbe la pena affrontare.
Oggi più che mai il cambiamento nella ristorazione fuori casa è necessario (come peraltro è emerso anche dai lavori del recente Identità Milano) e contrapporre "canotti" a "ruote di carro" come stemmi dei pizzaioli "contemporanei" e dei "nuovi tradizionalisti" in stile napoletano porta nessun contributo all'evoluzione di un piatto di consumo così ricorrente quale è la pizza".
Piero Gabrieli
fonte: https://www.identitagolose.it/ermes/newsletter/?id=615
Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)
BREAD RELIGION
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