Verso la metà del diciassettesimo secolo un’antenata della famiglia che ha creato questo spazio, una ragazza bellissima, dallo spirito libero e innamorata di un ragazzo del posto, fu destinata dai suoi genitori alla vita monastica. Ma lei, ribelle indomita, fuggì dal convento e sposò, in gran segreto, quell’uomo destinato a lei dal fato. La conseguenza di questo amore fu, nei due secoli successivi, una numerosa famiglia e i discendenti furono sempre soprannominati La Monaca o Il Monaco, a seconda del sesso.
Scegliere questo nome per la pasticceria ha voluto significare un inno all’amore che vince e alla passione che infondono i dolci creati dal maestro pasticcere Giacomo Rabbito, un torinese che mette un sentimento particolare nel fare questi piccoli capolavori di pasticceria mignon.
“Mi piace fare il pasticcere, era la mia vera passione, anche quando lavoravo, giovanissimo, nel ristorante dei miei genitori. Uscivo di casa e di fronte avevo una pasticceria storica di Torino, la Pasticceria Amore. Restavo ammaliato dalle vetrine, immaginavo la bellezza dell’alchimia di un pasticcere. Di notte, da ragazzino, preparavo il pandoro in casa, riempiendo le stanze di un profumo meraviglioso. A un certo punto ho deciso: mi sono iscritto ai corsi di Cast Alimenti, ho fatto bottega da maestri del calibro di Morandin e Massari. Poi ho incontrato Salvatore Vaccaro e la sua splendida famiglia che cercavano un pasticcere per La Monaca ed eccomi qua”.
La Monaca è un luogo amatissimo dalle famiglie torinesi; la porta, in questo periodo natalizio, è sempre aperta per il flusso continuo di persone che ordinano un panettone, oppure se ne escono con il classico vassoio di mignon che allieteranno la fine del pranzo. Sembra un altro mondo, di pace, di gioia e di ascolto; bravissime le ragazze dietro al banco che racchiude i sessanta tipi di pasticcini mignon, tra freschi e secchi, che Giacomo Rabbito crea ogni giorno, sulla base della stagionalità.
Le origini della pasticceria fresca piemontese devono essere fatte risalire al ‘500. Si narra che frà Pasquale de Baylon, di origine spagnola, vissuto tra il 1540 e il 1592, girò l’Europa e approdò a Torino presso la parrocchia di San Tommaso. Il frate era un bravo pasticcere e insegnò la ricetta dello zabaione alle madamine. Nel 1618, il frate spagnolo fu santificato e la ricetta si identificò sempre di più con il suo nome, in dialetto torinese “sambaion”, in italiano “zabaglione”.
In pasticceria lo zabaglione viene utilizzato per farcire i cannoli, alcuni tipi di bignole, chiamate in passato, dai pasticceri piemontesi “choux”.
“Siamo rimasti in pochi a tener fede a quella che è una vera tradizione torinese, il pasticcino mignon, ma a me piace che le persone godano di una molteplicità di gusti e anche la proprietà ha fatto una precisa scelta in tal senso” afferma il maestro pasticcere, prima di ascoltare la richiesta di una signora che chiede un panettone per Natale. “Ma di un chilo e mezzo, si può? Siamo in dodici a pranzo”.
Ne fa quattro tipi di panettoni, con le arance portate dalla Sicilia da Salvatore Vaccaro, ai marron glace, al cioccolato Domori e il classico. Oltre a realizzare la Nuvola, una specie di pandoro tipico torinese. E, infine, la pasticceria salata per i piccoli banchetti organizzati dalla Pasticceria.
Si sta bene alla Pasticceria La Monaca, un luogo di piaceri!
Guido Parri
fonte: https://www.salaecucina.it/it-it/la-monaca-pasticceria-patria-dei-pasticcini-mignon.aspx
Locale segnalato da Petra (ndr)
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