Spiega il maestro di Caiazzo:
«Negli anni Settanta e Ottanta l'identità della pizza era nel pizzaiolo: c'era mastro Stefano, mastro Carluccio, mastro Antonio, e così via. Io oggi sto facendo formazione e creando così le basi per una concezione diversa. Ho creato un team che opera in cucina su diversi livelli, con compiti articolati; non solo pizzaioli, insomma, ma ragazzi che lavorano sul condimento, veri e propri "cuochi da pizzeria"; poi i pizzaioli stessi sono suddivisi in banchisti, fornai e impastatori, passisti. Ancora, c'è il "sommelier da pizzeria", che ha diverso profilo rispetto a quello di un ristorante di alta cucina...», e così via.
Sono figure nuove rispetto al passato anche recente, che devono essere formate e possono essere richieste dal mercato. Vanno a definire una vera e propria brigata, come accade per i ristoranti classici;il loro lavoro integrato serve a:
«mantenere l'artigianalità del prodotto. Tutti quanti insieme con un unico obiettivo: che si possa trasferire la mia pizza anche al di fuori da Caiazzo, mantenendo però la forza dell'identità. Non ho aperto altri Pepe in Grani, perché la mia identità e il luogo d'elezione è Caiazzo. Però, dato che molti mi propongono progetti stimolanti, io sono lieto di interagire, perché diventa un modo per far crescere ragazzi che stanno facendo un percorso professionale con me».
Ovverosia: anche quando non c'è Franco Pepe, la pizza è quella di Franco Pepe, «in quell'impasto ci sono io, questo è importante. Sempre».
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Carlo Passera
fonte: https://www.identitagolose.it/news/?id=202
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