Essenziale, infatti, è analizzare il processo creativo alla base dell’ideazione di un dessert, tanto più di un dolce da ristorante e non da pasticceria, in cui entrano in ballo l’immediatezza e il dinamismo di una preparazione espressa e la sua natura effimera.
Per Butron, alla base di tutto c’è il “palato psicologico”, sorta di biblioteca di sapori che ognuno di noi si forma con assaggi ed esperienze e che porta a scegliere gli ingredienti e ad associarli ad altri “referenti” in base alle loro specifiche caratteristiche, dando vita a qualcosa di nuovo. Ma anche a scegliere una voce anziché un’altra dal menu perché solletica la nostra memoria creando aspettative e desideri.
Altrettanto fondamentale è la tecnica prescelta, che deve essere al servizio del sapore creando consistenze in grado di esaltarlo e combinazioni gustative complesse. Infine, un ruolo importante e spesso sottovalutato è giocato dall’impiattamento:
«Tendiamo a mangiare prima quello che è a destra del piatto o sopra agli altri ingredienti e questo determina le sensazioni che proviamo. Ma se siamo mancini cambia tutto».
Secondo il pasticcere catalano «Il cioccolato è il referente per eccellenza, si abbina praticamente con tutto anche se va usato con moderazione perché tende a essere tiranno». Tanto che nel menu chocoaddict Valrhona di Essence, il ristorante della scuola, ne usa le diverse tipologie – dal bianco al fondente – per accompagnare “referenti” inattesi: dall’harissa piccante con lamponi e aceto di melograno fino al maiale.
Luciana Squadrilli
fonte: https://www.identitagolose.it/news/?id=166
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