Bella “innovazione nel nome della tradizione” che segna una piccola rivoluzione nel mondo dei lievitati, messa a punto da Pietro Parisi, giovane e vulcanico chef del ristorante Era Ora di Palma Campania (+39.081.8247453, Napoli), anche pizzeria e bottega gourmet.
Invece di acqua e lievito – che sia di birra o madre – Pietro aggiunge all'impasto un blend sapientemente modulato, fatto dal liquido di filatura (l'acqua che viene utilizzata, a circa 90°C, per lavorare la mozzarella, che ne trattiene soprattutto il sapore ma, vista la temperatura, non ha flora batterica) e l'acqua di governo (o siero, quello che viene usato anche per la conservazione della mozzarella e ne conserva i batteri responsabili del processo fermentativo, oltre a essere leggermente sapido).
Alcuni litri di liquido di governo della mozzarella – che altrimenti sarebbero andati buttati nel normale utilizzo del ristorante – vengono scaldati a 38°C e poi aggiunti al resto del blend, per ottenere una buona acidificazione capace di far partire la fermentazione dell'impasto.
L'idea è nata dall'abitudine di Pietro di frequentare contadini e allevatori delle sue terre, da cui impara antiche tradizioni come quella di non buttare mai via nulla, e soprattutto da “chiacchierate tra amici” come Teresa De Masi (animatrice del sito Gennarino.org), Giustino Catalano e Antonio Lucisano, direttore del Consorzio della Mozzarella di Bufala Campana Dop.
Fondamentale infatti la qualità del prodotto: «in alcuni casi nelle acque di governo della mozzarella vengono utilizzati acido citrico e acido acetico per aiutare la conservazione, che possono condizionare la resa dell’impasto. Ed è anche per questo che per le acque ci affidiamo esclusivamente al Consorzio, che ne garantisce la qualità».
Diversi esperimenti di lievitazione a partire dall'acqua della mozzarella erano già stati tentati, ma ci è voluto l'approccio professionale e “scientifico” di Pietro per mettere a punto il giusto impasto: «bisogna individuare la giusta proporzione tra caseine e flora batterica; inoltre una lievitazione entro le 12 ore avviene grazie alla fermentazione lattica dovuta ai batteri ancora vivi; andando oltre questo periodo di tempo si verifica una fermentazione acetica che può dare eccessiva acidità con effetti non voluti sia sul sapore che sulla digestione».
La caratteristica principale della pizza con lievito fujuto (espressione napoletana con cui si indica solitamente una ricetta “povera” in cui si ricrea l'effetto di un ingrediente pregiato, in realtà assente) è infatti la digeribilità:
«l'impasto è leggerissimo, si scioglie in bocca grazie all'alveolatura omogenea e diffusa – racconta Parisi – anche nella parte centrale della pizza, nonostante sia molto sottile, la sfogliatura è visibile a occhio nudo. La pizza inoltre è molto profumata, non di lievito ma di pane appena sfornato e di latte: senti il sapore della mozzarella, anche se non c'è».
Redazione Identità Golose
fonte: http://newsletter.identitagolose.it/email.php?id=369
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