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MU bao: un vero MI - TO


Mangiandoli sembra quasi di mordere le nuvole. Anche se poi celano ripieni gustosi e sostanziosi. Alla scoperta dei “panini cinesi” ormai divenuti un cult. Proposti a Milano da MU dimsum e a Torino da MU bao

“In Cina li consumiamo al mattino, per colazione. Accompagnati dal latte di soia. Oppure durante la cerimonia dello yum cha, in abbinata al tè”, spiega Bin Zhou parlando dei bao, noti anche come baozi: panini tondi ed eburnei, soffici come cuscini e vaporosi come nuvole, facenti parte del rituale dei dim sum. Quell’assaporare in piccoli bocconi tanto tipico della cucina cantonese e della regione del Guangdong. Da dove Bin proviene. Lui e sua sorella Suili, giovane e illuminata titolare del MU dimsum di Milano, nonché consorte di Liwei Zhou, patron del MU fish di Novate Milanese.

Insomma, una famiglia visionaria, che ora punta dritto sui bao. Proposti nell’elegante insegna sotto il segno della Madonnina e presenti pure all’ombra della Mole: al MU bao, un locale mignon, curato in ogni dettaglio. Nel cuore del centro storico torinese: in via Accademia delle Scienze, a pochi passi da piazza Castello e dal Museo Egizio. Alla cui regia sta lo stesso Bin.

Bao che possono variare da regione in regione. Ma che in questo caso affondano le radici nella tradizione del Canton e di Hong Kong, metropoli in cui è nato e cresciuto chef Kin Cheung. Che, insieme alla sua brigata, prepara i deliziosi bao sia per il ristorante di Milano sia per la boutique-street food di Torino. Dove arrivano tutti i giorni, grazie a un furgone refrigerato, capace di mantenere integre freschezza e alta qualità.

Anche perché gli ariosi “panini imbottiti” vengono creati con il massimo puntiglio, in un laboratorio spazioso e super attrezzato, realizzato all’interno delle cucine del MU dimsum del capoluogo lombardo (in via Aminto Caretto 3). Basti pensare che i cuochi vantano un piano di lavoro ricavato da un tronco d'albero. A ricordare i tavoli e gli arredi in legno che nutrono i raffinati ambienti del ristorante.

Il loro impasto? È semplice. E prevede farina di grano tenero, fecola, zucchero e lievito. Ma poi non è così facile metterli a punto. “Nel senso che ci vogliono tempo, pazienza e una certa maestria. Anche perché sono tutti fatti a mano. Uno ad uno. Artigianali al cento per cento”, precisa con fierezza Suili.

Bao che esigono una pausa di riposo e un’attenta cottura al vapore, di circa sei minuti. Per poi essere, talvolta, passati velocemente sulla griglia, al fine di risultare piacevolmente croccanti. Pur mantenendo quell’elastica morbidezza che da sempre li caratterizza. E che da sempre li rende così iconici e speciali.

Un cibo casalingo orgogliosamente uscito dalle mura domestiche, per diventare un diffusissimo street food. In Cina, e non solo. Merito pure del fatto che si lascino mangiare con le mani, a tavola o a passeggio. Svelando gustosi ripieni. Sei per quanto riguarda il sabaudo MU bao. Ecco allora il “Bao Bao”, al vapore con ripieno di pak choi (cavolo cinese), zenzero, cipollotto e coppa di maiale biologico. Che torna, caramellata: nel “Char Siu Bao” alla griglia e nel “Black Char Siu Bao”, versione in noir e al vapore dai preziosi accenni dorati.

E se gli amanti del green possono apprezzare il “Veg Bao”, colmo di spaghetti di soia (spezzettati) e tante verdure (dalla polvere di spinaci al cavolo cinese, dai funghi cinesi alle carote), i duck addicted possono optare per il superbo “Anatra Curry Bao”, con anatra alla pechinese e polvere di curry rosso, e per il “Bao alla crema”, più dolce e goloso, perché ripieno di crema all’uovo d’anatra. Simile a un colante zabaione all’interno di un krapfen… al vapore. Se proprio si dovesse trovare una similitudine europea.

“I bao più delicati sono ottimi da sposare con un tè oolong. Mentre quelli più strong ben incontrano un pu-erh o un lapsang souchong", puntualizza Egidio Giovannini, maître sommelier del MU dimsum, facendo riferimento ai tè ossidati, post fermentati e affumicati. Perfetti da sorseggiare nel pomeriggio, fra poltrone e divani, sul soppalco del bel ristorante.

Ma chi adora il vino può anche accompagnarli con un Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore “Col de Sas” dell’azienda Spagnol. O ancora, con un Grillo metodo classico “DueDei”: più che un vino, un progetto. Nato dalla selezione delle migliori uve provenienti da un solo vigneto, posizionato vicino alla Riserva Naturale dello Stagnone, a nord di Marsala.  

E oltre ai bao? Spiccano tre tipologie di ravioli. Che sempre dim sum sono: i “Ravioli Szechuan”, bolliti, con ripieno di carne di maiale bio e salsina piccante; gli “Shuǐ Jiǎo”, con farcia di carne di manzo, cipolla e castagna d’acqua, e corredo di salsa speziata; e i "Guo-Tie", alla griglia, ripieni di maiale, cipollotti e zenzero. Proposti sia a Torino che a Milano.

Veri comfort food i bao, che hanno persino ispirato un grande maestro dei lievitati quale Renato Bosco: un Petra Selected Partner, capitano dell’ormai vasta flotta di nome Saporè, che vede la sua ammiraglia nella veronese San Martino Buon Albergo e l’ultima nata nella toscana Prato.

La sua Mozzarella di Pane, infatti, se da un lato vuol ricordare il candido latticino (nel cui “latte” di governo vengono tuffati i panini lievitati), dall’altra prende spunto dalla forma, dalla cottura al vapore e dalla texture degli asiatici bao.

Da provare? La Mozzarella di Pane in versione white: con fonduta di Monte Veronese, zucca al rosmarino e amaretti; con burrata, pelato di kiwi - sì, pare un pomodoro ma non lo è -, acciughe, olive nere snocciolate e basilico; e con burrata, gallina grisa della Lessinia sfilacciata, salsa verde e giardiniera. Ma anche in declinazione yellow, alla curcuma: con crema di ricotta e champignon, pancetta stufata croccante e funghi shiitake. A ricordare l’Oriente.


Cristina Viggè
fonte: http://www.fuorimagazine.it/blog/shooting/?permalink=mu-bao-un-vero-mi---to

Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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