«Hanno una maturazione lunga e lenta. Così riescono a esprimersi al meglio. Se ne stanno aggrappate ai muri delle abitazioni. Per trovare riparo dal freddo e dalle brezze alpine», racconta Massimo Alverà sul palco di Identità Milano. Dove elegge l’albicocca a ingrediente fondamentale della sua memoria. E del suo dessert: Quel che c’era.
«È un ricordo d’infanzia. Fa parte del nostro vissuto. Perché nella mia pasticceria vendiamo anche ricordi, pensieri e nostalgie», precisa Massimo, patron dell’elegante boutique che nel cuore di Cortina porta il cognome di famiglia.
Così Massimo prende a prestito un tassello di memoria per tradurlo in un dolce di nuova generazione.
«Quando eravamo bambini coglievamo e mangiavamo le albicocche, tirandocele persino addosso», rammenta il pasticcere. Che trasforma il piccolo frutto wild in una cremosa purea dalla texture setosa, preparata senza latte e senza uova. Per mantenerne integra la naturalezza.
A contaminarla c’è però il gusto goloso e contemporaneo del caramello, amatissimo da Massimo. Qui incarnato nel seducente cioccolato Caramélia di Valrhona. A far da complice? Una mousse alla ricotta.
«Vaccina e a chilometro cortissimo. Perché giunge dalle nostre stalle. Un prodotto fresco e di breve durata. Da piccoli, le mamme ce la servivano nella tazza del caffelatte, con un poco di zucchero». Una merenda povera, fatta con quel che c’era.
Dunque: cremoso dalle nuance di caramello, ricotta a foggia di sfera - spruzzata di burro di cacao color arancio, a evocare l’albicocca - e una frolla a forma di mezzaluna. Messa a punto con la farina Hazelgrain, nata da una collaborazione fra l’estense Molino Quaglia e la maison torinese Pariani: una farina di nocciole parzialmente disoleata, unita a una variante di Petra 5. Per un giusto equilibrio fra delicatezza e vigore, sapidità e dolcezza.
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Cristina Viggè
fonte: https://www.identitagolose.it/news/?id=164
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