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Gorini: amaro, antitesi e spaghetto pre dessert


«Sin da piccolo sono sempre stato un anarchico. Se tutti andavano da una parte? Io andavo esattamente dall’altra. Non seguivo mai il gregge», spiega Gianluca Gorini, che rincorre il pastore solo per scegliere l’agnello migliore… del territorio...

Quello che si concentra intorno a San Piero in Bagno, per capirci. Frazione di Bagno di Romagna, in provincia di Forlì-Cesena. Dove Gianluca (pesarese, classe 1983) ha aperto - con la moglie Sara Silvani - il suo ristorante da Gorini.

Un’insegna-invito: a entrare nella loro casa (per inciso, la password del wi-fi è “casagorini"). Uno spazio semplice, ma speciale e anticonvenzionale. Basti pensare che piatti e portaposate sono firmati dalla ceramista faentina Elvira Keller e che le sculture alle pareti - mestoli in primis - sono dell’artista Fiorenza Pancino.

Qui nulla è lasciato al caso. Se ne ha la conferma quando giunge lui: lo spaghetto. Certo, ma non fra i primi. Troppo facile. Troppo banale. Lui arriva fulmineo al momento del pre dessert. Anzi, è il pre dessert. Perché? Perché si tratta di una forchettata di spaghetti eupeptici. Venti grammi per l’esattezza, mantecati al burro di genziana. Un burro acido, preparato partendo dallo scalogno e da una riduzione di vino e aceto di vino bianco. Nella quale viene fatto sciogliere il burro, insieme a tocchetti di radici di genziana.

«Le lascio in infusione per una quindicina di minuti. Poi filtro il tutto e manteco la pasta», precisa Gianluca. Che finisce la portata con una generosa grattugiata di caciotta di capra - dell’azienda agricola umbra di Rita Rossi, a Cascia - e scorza di bergamotto candita.

«L’amaro delle radici lo domini solo con i latticini e con la freschezza dell’agrume», puntualizza ancora Gorini. Che con questo giro di rebbi concede il placet alla digestione. E concede pure di fare la scarpetta. Tanto, a lato del piatto si svela il pane, messo a punto con le farine Petra 1 e 9 (macinate a pietra) di Molino Quaglia.

Ma non finisce qui. Il giovane e bravo sommelier Angelo Sanzani serve Anforghettabol, albana di Romagna (da uve surmature) della cantina faentina San Biagio Vecchio. Un nettare indimenticabile, che ha conosciuto una fermentazione spontanea sui lieviti indigeni e una macerazione sulle bucce dentro anfore georgiane.

I dessert hanno così il loro complice: pesca candita, biscotto al cacao, crema montata alla nocciola e sorbetto all’amaretto; zuppa inglese (versione goriniana) con crema alleggerita al limone e cannella, gelatina e sorbetto all’alchermes, granella di nocciole sabbiate e tartufo al cioccolato Guanaja di Valrhona; e semifreddo al raviggiolo con amarene sciroppate, croccante alle noci e “721” Di Baldo.

Il vermouth rosso essenziale dell’alchimista Baldo Baldinini. Polposo, avvolgente, sensuale, romagnolo. Che elegge nell’infusione Sangiovese e Cabernet Sauvignon.


Cristina Viggè
fonte: http://www.identitagolose.it/news/view.php?id=108

Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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