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Eduardo Ore, (pizza) Latinoamericana


Da Napoli a Cuba, passando da Brasile, Argentina, Uruguay, Cile, Bolivia e Colombia. Il viaggio di Eduardo Ore, pizzaiolo e panificatore napoletano specializzato nel lavoro sugli impasti...

che ha collaborato con aziende e grandi maestri – lo avevamo conosciuto a ‘O Sfizio d’a Notizia di Enzo Coccia, per cui ha messo a punto l’impasto delle ‘mpustarelle – potrebbe ricordare da lontano quello del Che, raccontato nel libro Notas de viaje.

Al di là dei riferimenti politici e rivoluzionari, seguendo il suo itinerario sui social – ben sette mesi di viaggio on the road condiviso con entusiasmo, acume e sincerità – era evidente come alla base ci fosse uno spirito di avventura e libertà, ma pure il desiderio di conoscenza: sociale, culturale e anche professionale.

«È stato soprattutto un viaggio di relax dopo un anno di lavoro molto duro – ci racconta Eduardo ormai tornato San Sebastiano al Vesuvio, paese del Napoletano famoso per il suo buonissimo pane tradizionale – Ma ne ho approfittato, oltre che per una consulenza a Buenos Aires, per studiare il mercato della pizza in quei Paesi dal punto di vista antropologico e storico. 

Ho conosciuto indigeni che fanno pani e “pizze” tradizionali in zone remote utilizzando i prodotti autoctoni, come le “montanare” fritte spolverizzate con lo zucchero o ripiene di patate e condite con pomodoro piccante, fatte dalle donne Quechua, e pizzaioli “napoletani” di terza o quarta generazione ancora legati alle origini».

Quasi ovunque, la pizza viene chiamata “napoletana” anche se è in teglia o comunque molto diversa dalla nostra: «non è un tentativo di emulazione ma un segno di riconoscimento e di rispetto». 

Così, ad esempio, a San Paolo Ore si è immerso nel barrio “partenopeo” di Mooca dove si parla un dialetto brasileiro-napoletano e qualcuno cerca di proporre delle pizze che non tradiscano del tutto le origini.

A Buenos Aires, città da sempre “gemellata” con Napoli, ha messo a punto gli impasti per una nuova pizzeria creata da italo-argentini, per poi proseguire per Montevideo, Santiago del Cile – che per lui potrebbe essere la prossima capitale della pizza sudamericana – e lo spettacolare deserto del Salar de Uyuni entrando in Bolivia, la tappa che forse più ha lasciato il segno non solo per la bellezza paesaggistica.

Grazie alla collaborazione con la Ong Fe y Alegriail cui motto è “dove non arriva l’asfalto arriviamo noi”Eduardo ha visitato alcune delle zone più rurali e remote come Chuquisaca, dove si parla solo Quechua, insegnando agli abitanti del posto tecniche di panificazione con cui lavorare i loro prodotti.

E adesso, quali saranno le prossime mosse? «Intanto ci sono in programma due serate alla Cantalupa dai Cerea, il 4 e l' 11 settembre».


Luciana Squadrilli
fonte: http://www.identitagolose.it/news/view.php?id=101



Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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