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Brozzetti e il fluido pensare degli Alajmo


«Me lo sono chiesto tante volte. Ma non sono ancora riuscito a motivare questa mia passione per la pasticceria. Anche perché non c’è stata nessuna nonna a trasmettermela...

Forse si tratta di un’istintiva attrazione per la tecnica. Forse, semplicemente, mi trovo più a mio agio con la farina che con altri ingredienti. Forse preferisco più impastare che toccare la carne», rivela, con assoluto aplomb, Ascanio Brozzetti.

Un umbro in veneto. Anzi, un perugino in terra padovana. Ormai da quasi tredici anni. Risale infatti al 2006 la sua chiamata alla corte degli Alajmo, in quelle già tristellate Calandre di Sarmeola di Rubano. «Ho affiancato per circa un mese Pier Giorgio Parini, allora pastry chef. Poi lui andò per la sua strada e io presi il suo posto».

Ascanio: classe 1980, natali a Umbertide e studi all’alberghiero di Assisi. No, nessuna illuminazione divina ammirando il ciclo di francescani affreschi che veste la Basilica Superiore. Ma Giotto deve aver suscitato qualcosa in lui, se non altro l’amore per il colore, il gusto per il bello e il senso dell’armonia. Fatto sta che Ascanio opta per la pasticceria. Lavorando prima a Perugia e in seguito nel lussuoso resort Le Tre Vaselle di Torgiano. Da lì La Pergola romana, il londinese Quo Vadis di Marco Pierre White e il ritorno a casa.

«Mi mancava un po’ di destrezza. Dovevo prendere confidenza con la materia», ammette. Che scopre il suo feeling con un forno perugino. Ma poi trova Trovato. Gaetano, s’intende. E approda all’Arnolfo di Colle di Val d’Elsa. Toscana, dunque. Ma il fato soffia su di lui e lo conduce più lontano, da Max e Raf. Sta alle Calandre, segue l’apertura del Calandrino di Tokyo, fino al ruolo di responsabile del laboratorio di pasticceria. Che riveste ormai da tempo.

Laboratorio che, se fisicamente è posizionato a un chilometro dal tre stelle Michelin, idealmente rappresenta il dolce hardware di tutti i locali con la “j”.

Il che significa i vicini Il Calandrino e In.gredienti, La Montecchia e l’ABC Montecchia di Selvazzano Dentro, la serenissima trinità di Quadri, Quadrino e Grancaffè Quadri, il veneziano Amo e il parigino Caffè Stern. 

«Dove vogliamo rimarcare ancor di più la nostra cultura nazionale. Proponendo piatti legati alla tradizione, ma anche croissant decisamente più leggeri e brioche all’italiana», puntualizza Brozzetti. Che per i suoi impasti, dalle frolle alle sfoglie, dai bignè ai grandi lievitati, utilizza le farine di Molino Quaglia.

«In laboratorio noi lavoriamo, ricerchiamo, sperimentiamo e codifichiamo. Mantenendo una forte trasversalità. Il che significa anche dialogo e contaminazione continui. Lo spazio infatti, sebbene abbia diverse zone di produzione, è tutto aperto», aggiunge Ascanio. Deus ex machina di un lab fluido, liquido, fluttuante.


Cristina Viggè
fonte: https://www.identitagolose.it/news/view.php?id=140

Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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