Ci siamo accomodati a cena in un «Un posto dove ritornare alle origini, in cui è possibile ascoltare, meditare, creare. Dove è possibile formare, istruirsi e fare ricerca. Un posto vissuto con intimità, in maniera esclusiva, per esaltare i sapori, per approfondire, per riconciliarsi, per dare spazio al rapporto umano».
Tutto questo «Prima era solo utopia, oggi è Authentica, la nuova sala di Pepe in Grani» a Caiazzo in provincia di Caserta, la cittadina che Franco Pepe ha fatto conoscere nel mondo intero. Pepe è una persona che si nutre di visioni e di dubbi. Quando i secondi oscurano un’idea, l’abbandona.
Nel vicolo intitolato a San Giovanni Battista, una pizzeria che si sviluppa su tre piani, un giardino e una terrazza, il casertano ha ricavato una pizzeria nella pizzeria.
Con due forni al piano terra e la sala impasti al primo, tra le due stanze da letto all’ultimo è spuntata Authentica. Nulla di mai visto prima nel mondo della pizza.
Pepe non è certo il solo che in una sera sforna un migliaio di pizze di qualità. E’ il primo invece a proporre un privée per la pizza, forno compreso. Tutto sganciato dalla cucina centrale. Per farlo, ha eliminato il bagno al piano e ha bucato un muro portante per annettere un vano dell’edificio attiguo.
Stanza quadrata, nell’angolo a sinistra rispetto all’ingresso un forno a legna da uno, forse due dischi alla volta. Davanti un tavolo alto, leggermente curvo, uno spicchio di circonferenza. Lato forno il piano di lavoro, sull’altro le sedute. Il pizzaiolo impasta spalle alla bocca del forno, poi impugna la pala, si gira e inforna.
Otto, massimo dieci gli ospiti con i quale Pepe può dialogare, mostrare loro le varie fasi del suo lavoro, invitare loro stessi a stendere il panetto, condirlo e informarlo. Oppure cene mirate e non più scuola di cucina, presentazione di prodotti, anteprime di ricette, libri, persone.
«Qui dentro posso curare quel rapporto diretto come è impossibile nella pizzeria vera e propria. Io vorrei che l’ospite entrasse direttamente nel mio mondo, raggiungere l’intimità, la complicità tra chi lavora e chi beneficia di quel lavoro. E’ un punto d’arrivo di un percorso iniziato nel 2011 quando portai l’architetto Beniamino Di Fusco a visitare quello che era un rudere e poi sarebbe diventato Pepe in grani».
Franco giovedì era emozionato. Uomo di dubbi più che di certezze, ha scandito le domande, alternandole ad assaggi di nove pizze, otto salate e la nona dolce per via delle albicocche del Vesuvio.
Ha parlato del padre che:
«la mattina si vestiva giacca e cravatta, passava in edicola per comperare una copia del Roma che metteva sotto un’ascella e, percorsi duecento metri, era già in pizzeria. Lì si cambiava per indossare pantaloni e maglietta da pizzaiolo. In testa un cappellino ricavato dalla carta dei sacchi di farina. Era orgoglioso del suo mestiere e non sarebbe mai uscito di casa già pronto per impastare. A pranzo mi alternavo con mio fratello Nino, uno andava a casa da mamma e l’altro al forno da papà, il giorno dopo il contrario. Non mangiavamo mai assieme per non lasciare un genitore da solo. Ricordo tutti i rumori di quando ero ragazzo, il profumo delle polpette di baccalà di mamma, lo sbattere dei piatti. Authentica mi permetterà di ritrovare l’artigiano che è in me e dal quale stavo allontanandomi perché Pepe in grani ha tante facce ormai».
Per ogni informazione su Authentica rivolgersi al numero +39.0823.862718.
Paolo Marchi
fonte: http://www.identitagolose.it/sito/it/209/18279/mondo-pizza/authentica-alle-radici-di-franco-pepe.html?p=0
Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)
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