Impastare e sfornare panettoni a regola d'arte è la sfida di ogni pasticciere che si rispetti
Governare la lievitazione degli impasti di farina, acqua e pasta madre è di per sé cosa ardua, ma nel caso del panettone dobbiamo confrontarci con reazioni chimiche e trasformazioni fisiche al limite del controllo, per via della presenza del burro e della frutta candita, ingredienti grassi, carichi di zuccheri e pesanti, che mettono a dura prova la forza della farina e l'abilità del pasticciere.
Ma grazie alla complessità della lavorazione, all'uso di ingredienti pregiati ed alla disponibilità limitata al periodo natalizio fin dall'origine, il panettone ha conservato nei secoli il simbolo di dono prezioso, orgoglio di chi lo produce e vanto di chi lo regala, per sua natura prodotto di pasticceria “a tiratura limitata", perché dolce di ricorrenza legato al Santo Natale. Almeno nella sua versione tradizionale, quella che può essere legalmente denominata tale, quale dolce tipico italiano tutelato da un disciplinare.
(Decreto 22 luglio 2005 mod da DM 16 maggio 2017), che ne codifica la ricetta in termini di ingredienti e di procedimento (Art.1 - La denominazione «panettone» è riservata al prodotto dolciario da forno a pasta morbida, ottenuto per fermentazione naturale da pasta acida, di forma a base rotonda con crosta superiore screpolata e tagliata in modo caratteristico, di struttura soffice ad alveolatura allungata e aroma tipico di lievitazione a pasta acida...).
Piero Gabrieli
fonte: https://www.identitagolose.it/ermes/newsletter/?id=579
Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)
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