Se da un lato sancisce il primato di Caserta (e provincia), che negli ultimi anni si è ritagliata un posto a sé nel panorama nazionale, dall'altro riconosce la bravura e l'impegno di Martucci. Entrambi, in qualche modo, fuori dal comune.
Perché se è vero che un'”arte” come quella della pizza s'impara e si affina con anni di lavoro a testa china, è vero pure che il quid capace di fare la differenza è probabilmente innato, o nasce da radici profonde. Quelle di Martucci sono tutte casertane, segnate da una giovinezza non facile, di una strada tutta in salita che lo ha visto lavorare fin da ragazzino come garzone nella pizzeria dello zio Franco, dove ha imparato non solo ad ammaccare ma anche la disciplina della bottega.
Dopo una lunga gavetta, nel 2001 nasce la prima insegna de I Masanielli, aperta insieme al fratello Sasà: inizialmente solo da asporto, poi pizzeria vera e propria, senza fronzoli ma accogliente. Il nome di Martucci inizia a circolare grazie a impasti leggerissimi e condimenti ben fatti, e della capacità di tenere insieme lo spirito popolare e un'idea più contemporanea di pizza.
Il seguito scorre più veloce: a settembre 2017 Francesco inaugura la nuova sede de I Masanielli in viale Dohuet. Un locale ampio e moderno, curato nei dettagli, proprio di fronte ai giardini della Reggia di Caserta (mentre, nel frattempo, Sasà ha aperto I Masanielli - Sasà Martucci in via Vivaldi), che diventa in poco tempo una delle mete predilette degli amanti della pizza “casertana”. Ma lui non crede tanto negli stili quanto nell'impronta personale:
«La mia pizza è, appunto, fortemente “mia”. Ha un'identità personale sviluppata in questi anni, frutto di tanti input assimilati studiando e andando in giro, mettendosi in discussione giorno per giorno. Per me un prodotto è di chi lo fa, nel bene e nel male. Mettendo anche in conto di toppare un condimento».
Rischio poco probabile nel suo caso, visto che la bontà delle sue pizze è fatta tanto dall'impasto – soffice, leggerissimo, arioso – quanto dai topping, fantasiosi ma sempre equilibratissimi, come pure dalla cottura ugualmente maniacale. Come nella Riccia di Mammà, ormai un cult, con burrata di bufala, alici di Trapani, olive caiazzane, capperi di Salina, pomodorini gialli da serbo, pomodorino del Piennolo e scarola riccia.
Luciana Squadrilli
fonte: https://www.identitagolose.it/news/?id=202
Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)
BREAD RELIGION
Iscriviti e ricevi le novità nella tua email.