Vale la pena raccontarla perché è storia di inusuale coraggio. Adesso, con i figli, la storia si è arricchita addirittura di ricerca scientifica alimentare sul pane tanto da meritare continue citazioni e segnalazioni sul Gambero Rosso.
La storia: Paolo Piffer (1954), si era innamorato di Anna Ferretti, una ragazza di 17 anni che lavorava in un panificio del fratello Bruno di Pergine.
Facciamo un passo indietro: Bruno, Anna e Carmen erano figli della … farina. Sì, perché il loro padre Diego (1929-1976) con gli zii Silvio (contadino), Enrico (panettiere), Maria e Gemma erano figli di Francesco Ferretti e di Tullia Serafini, i “molinari” di Faedo, i quali, smesso il lavoro di mugnai, erano scesi a San Michele all’Adige a fare i contadini.
Parentesi: il mulino di Faedo era un “monumento storico” ma è stato smantellato. I famosi vitivinicoltori Pojer hanno conservato l’antica macina mettendola in bella vista davanti alla loro cantina. Chiusa la parentesi.
Enrico, il panettiere della famiglia, aveva proseguito sulla scia della farina paterna tornando per qualche anno a Faedo gestendo un piccolo panificio, trasferendosi poi in Valsugana a Strigno dove aveva avuto l’aiuto, come “bocia”, del nipote Bruno. Nel 1977 Bruno si era messo in proprio rilevando a Pergine il panificio storico di via 3 Novembre.
E qui ci riallacciamo all’inizio del nostro racconto. E’ qui, cioè, che Anna lavora. Pur di poterle stare vicino Paolo Piffer si fa assumere come aspirante panettiere. Innamorati, si sposano ma sposano anche la professione, decidendo di mettersi in proprio con un panificio a Brentonico.
Nel 1987, il salto di scendere a Rovereto acquistando il “Panificio Moderno”, già di diversi titolari (Nardon, Salvetti, Sosi ed altri), con quattro punti vendita.
Coraggio? Incoscienza? Lo fanno quando sono nati già Ivan (1981) e Matteo (1984) che fanno propria la passione per quella professione. Nel frattempo aveva cominciato a lavorare con loro anche Carmen, la sorella di Anna, anche lei “infarinata” in famiglia.
Mentre Ivan, diplomatosi all’Istituto Tecnico Industriale, ramo Informatica, ci pensa su un anno prima di decidere il proprio futuro professionale, Matteo, completata la scuola dell’obbligo, non ha esitazioni: il suo mondo è il laboratorio dei genitori, il suo progetto è lo sviluppo culturale del pane.
Nelle sue vene, anziché sangue, sembra che scorra farina. Ciò fin da bambino, tanto che – raccontano i genitori - avrebbe voluto che la sua Prima Comunione fosse festeggiata in laboratorio tra lievito madre, il caldo umido dei forni, il profumo del pane appena cotto e non, vestito per la festa, in un ristorante.
Matteo cresce nel pieno di una certa rivoluzione di costume e di filosofia dietetica – anni ’90 – nella quale il pane tramonta – non ci si riferisce certamente alla povera gente – come storico alimento di fondo di una famiglia. Visti i nuovi ritmi di vita lavorativa (spuntino di mezzogiorno con cena serale anziché pranzo, tendenza al prodotto naturale) si trasforma in qualcosa di più sofisticato.
Di qui la ricerca scientifica di Matteo sulle farine, sul lievito madre e su tutti gli altri ingredienti con possibili variazioni sempre all’insegna del naturale. Membro del Richmond Club, il gotha europeo dei maestri della panificazione, qualche anno fa a Bruxelles ha sostenuto brillantemente un esame di “laurea” nella panificazione.
Il fratello Ivan non gli è secondo. Semplicemente, anche per la sua preparazione in informatica, si è ritagliato il compito di esecutore tecnico delle idee innovative del fratello con cui da qualche tempo, assecondando il cambiamento degli stili di vita sociale, ha ampliato l’attività di panificazione e dolciaria a quella di servizio al pubblico di tutto quanto può essere uno “spuntino”.
“Briciole”, anch’esso recensito da Gambero Rosso, è il locale del genere, nato quattro anni fa.
Giorgio Dal Bosco
fonte: http://www.giornaletrentino.it/cronaca/trento/piffer-gli-innovatori-del-pane-antico-1.1071659?utm_medium=migrazione
Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)
BREAD RELIGION
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