“Le cambiamo tutti i giovedì. In base alle fioriture”. Annalisa Tedeschi alle sue composizioni floreali tiene molto. Così come dedica ogni cura ai profumi d’ambiente, al tovagliato, alle lenzuola e agli arredi. D’antiquariato o di modernariato che siano. Dagli oggetti impregnati di storia ai divani Chester realizzati da Frau, sino alle lampade Atollo di Vico Magistretti, alle poltrone Lc2 di Le Corbousier by Cassina e alle carte da parati griffate Fornasetti.
All’Hotel Regina Adelaide di Garda tutto segue la logica dell’armonia. Nulla è fuori posto. Tutto concorre al grande incanto. “La difficoltà non è fare le cose, ma gestirle nel tempo. Non basta avere le idee. Ci vuole costanza”, afferma Annalisa. Che ha determinazione, tenacia, caparbietà e classe da vendere.
Sì perché lei, col marito Giuseppe, è l’anima profonda del Regina Adelaide. Che mutua il nome da quell’Adelaide di Borgogna tenuta prigioniera nella vicina Roca vècia, affacciata sulle calme acque del lago. “Il nome lo scelse mia suocera Rina, la mamma di Giuseppe. Aprimmo l’albergo nel 1965, ristrutturando quella che era una villa Liberty. Poi, pian piano, ci siamo allargati. Cercando di non cambiare mai identità”. E nemmeno proprietà.
Ne risulta un buen retiro che ha il calore di una casa. Con i suoi salotti e i suoi spazi verdi, la sua luce e il suo respiro lento, i suoi luoghi svelati e i suoi spazi celati. Un hotel intriso d’infinita umanità, che si nutre di bellezza e di bontà. Cinquantanove le camere: che osservano il giardino o il lungolago, la piscina o la strada pedonale del paese. Tutte diverse. Tutte arredate personalmente da Annalisa. Tutte impreziosite delle francesi amenities Les Fleurs de Bach.
Un albergo avvolto di charme. Quello autentico. Quello che seduce per la sua essenza. Non per la pura e fugace apparenza.
Sotto il Regio Patio
Ci si può accomodare dentro, fra colonne affrescate e contemporanei trompe l’œil lacustri. Oppure si può cenare fuori, sotto il loggiato che guarda il garden. In entrambi i casi il fascino è assicurato al Regio Patio, l’eden guidato dall’executive chef Andrea Costantini: radici friulane, una moglie sarda, una passione sfrenata per Bruce Springsteen, una formazione poliedrica, nove anni al fianco di Bruno Barbieri e un presente tutto gardesano.
La sua cucina? Libera. Da regole, stereotipi e cliché. Libera di nuotare. Libera di camminare anche su strade non battute. Libera di raccontare senza mai annoiare. In primis, se si opta per il menu “Autoscatto”. Un vero e proprio selfie dello chef, tradotto in pietanze di carattere.
Voilà le giocose entrée: carpaccio di radici agrodolci, burro affumicato e briciole di pane al cumino; cracker di grano saraceno, caprino e polvere di peperone; oliva snocciolata e farcita con un formaggio crunchy.
E poi c’è il pane. Anzi, la pagnotta, le michette integrali e i grissini. “Preparo tutto io. Usando Petra 1 e Petra 9 ”, dice Andrea, riferendosi alle farine macinate a pietra dell’estense Molino Quaglia. A cui si aggiunge il pane carasau dei Fratelli Mannu di Bitti, nel Nuorese, condito con l’olio (e dunque guttiau). Servito tra raffinati sottopiatti Richard Ginori e posate Sambonet by Gio Ponti. “Invece, i piattini del pane sono realizzati da un ceramista trentino”, precisa madame Tedeschi.
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Cristina Viggè
Fonte: http://www.fuorimagazine.it/blog/shooting/?permalink=a-garda-il-paradiso-allimprovviso
Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)
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