All’ultima edizione di PizzaUp, a metà novembre al Molino Quaglia, a Vighizzolo d’Este in provincia di Padova, il programma prevedeva anche la presenza di Vittorio Munari come motivatore delle decine di pizzaioli presenti.
Veneto di Bassano del Grappa, classe 1951, ma penso vi sia un refuso, l’età biologica non corrisponde affatto a quella anagrafica, Munari è una leggenda vivente del rugby, Il Napoleone Ovale, unico italiano chiamato ad allenare il Resto del Mondo, e per due volte.
A lui la parola:
«Sono qui per evidenziare due aspetti del mondo ovale che ritengo possano tornarvi utili nel costruire e poi gestire la vostra squadra ossia la vostra pizzeria. Con una premessa: la qualità della pizza non è sufficiente per raggiungere il successo, dipende anche dall’amore che mettete in ciò che fate, evitando alibi e senza venir mai meno ad azioni di mutuo soccorso. Sono le due principali lezioni che arrivano dal rugby.
«L’alibi è una brutta bestia. Sapete chi è un perdente? E’ colui che passa le giornate a spiegare perché ha perso e questo gli impedisce di esplorare i suoi limiti. Vive in una zona di conforto, senza mai arrivare a superarsi e quando qualcosa viene male addossa le colpe agli altri. Se lui è il primo a non impegnarsi, come può pensare che lo facciamo i dipendenti al suo posto? Un vero capo ha sempre un piano B in tasca e non si fa fermare da un errore.
«Per capire cosa intendo per mutuo sostegno dovete invece sapere o ricordarvi che nel rugby la palla va passata indietro a uno dei 14 compagni che ne sono privi e che si muovono tutti alle vostre spalle. Così chiunque può ritrovarsi leader perché la palla prima o poi ti arriva e in quell’istante tu devi essere certo che ognuno è pronto a sostenerti. Ma devi esserne certo, altrimenti crolla tutto. Dove sta la difficoltà? Che è più facile dare sostegno a chi è bravo perché poi fai bella figura anche tu, invece chi ha davvero bisogno è quello meno dotato e non tutti sono lì pronti.
«Io ho avuto la fortuna di avere in rosa David Campese, vale il Messi di oggi nel calcio. Mica dicevo che lo allenavo, lui si allenava da solo. Il mio problema era far crescere, spingere oltre i loro limiti quei tre o quattro meno dotati perché tutto non crollasse se si trovavano in un momento cruciale del match. Qui esce il leader. E il cliente percepisce subito il pizzaiolo che si trascina, che tira a campare senza risolvere i problemi e ti boccia e tu non lo rivedrai più. E tu non raggiungerai mai quell’eccellenza che all’inizio sognavi.
«Se entri la mattina in bottega e sbadigli e ti svacchi su una sedia, come pensi che lavoreranno i tuoi dipendenti? Svogliati a loro volta. E tu ti dimostri un cretino perché paghi della gente perché lavori male. Il leader dà l’esempio e galvanizza, motiva. Ed è sempre solo nei momenti decisivi. Il sogno è il vostro, dovete dimostrare di crederci sempre. Nessuno lo realizzerà al vostro posto se voi non vi impegnate voi per primi e allo spasimo. Solo così vi sorreggeranno, ma non vi sostituiranno mai. Hanno i loro sogni.
«E mai abbassare la tensione. Peter Drucker, un economista austriaco emigrato negli Anni Trenta in America. Un giorno scrisse che sul lavoro solo tre cose avvengono naturalmente: attriti, confusione e risultati scadenti. Per tutto il resto c’è bisogno di una leadership. E in una pizzeria, un ristorante tutto è più impegnativo perché facilmente voi riassumete tre figure che nelle aziende strutturate sono distinte: il capo, il manager e l’operaio perché a voi tocca avere il sogno, poi voi trovate i mezzi perché il pizzaiolo, ancora sempre voi, impasti, stenda, condisca e inforni. Quindi è ovvio che l’errore è vostro.
«A un dipendente dovete concedere un margine di sbaglio, purché sia ragionevole e non si ripeta e perché non si ripeta voi dovete capire da dove quella svista nasce. Faccio un esempio: se certi bicchieri sporgono e facilmente li tocchi con un gomito e cadono, trovi loro una sistemazione diversa, mica puoi lasciarli lì per qualche tuo capriccio e continuare a incavolarti con tizio o sempronio quando li rompe. Mica hanno colpa se sei un imbecille che non ragiona.
«Un’ultima nota, quasi: mai giudicare per simpatie o antipatie, il vostro giudizio dovrà essere sempre basato sulla realtà dei fatti. Solo così dimostrerete competenza e avrete in cambio dedizione. Quando allenavo, mi chiedevano se la sera prima della partita dormivo. Eccome se dormivo. Avevo già preso tutte le decisioni a inizio settimana. La domenica non rientravo mai in pullman con i giocatori. Li avrei sbranati perché la partita perfetta non esiste. E lunedì analizzavo l’incontro e prendevo le decisioni per quello seguente e martedì le comunicavo e non era mai facile, soprattutto se c’era in ballo qualcosa di importante e magari dovevi escludere chi teneva di più a esserci. Per questo devi prescindere da sentimenti come la simpatia».
Munari rivelerà anche un dettaglio importante: «A 33 anni mi affidano il Petrarca Padova (e vincerà lo scudetto, più giovane allenatore di sempre, ndr). Arriva il debutto, entro per primo, mi siedo in panchina e vedo entrare i giocatori e piango. Quel giorno decisi che sarei sempre entrato per ultimo. E sapete perché? Perché avevo affidato il mio sogno di allenatore ad altri e la sua realizzazione non dipendeva più da me. La morale? Scegliete bene chi lavora con voi perché a un certo punto il successo del vostro locale sarà nelle loro mani».
Paolo Marchi
fonte: http://www.identitagolose.it/sito/it/209/18207/mondo-pizza/pizzaioli-a-scuola-di-rugby-a-pizzaup.html?p=0
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